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Avvento 2012

Con questo tempo di preparazione, la Chiesa vuole insegnarci che la vita in questa valle di lacrime è un immenso avvento e, se viviamo bene, cioè, in accordo con la Legge di Dio, Gesù Cristo sarà la nostra ricompensa e ci riserverà in Cielo un bel posto, come sta scritto: "Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano" (1Cor 2, 9).


PRIMA DOMENICA DI AVVENTO:

2 dicembre 2012 

ALZATE IL CAPO: LA VOSTRA LIBERAZIONE  
È VICINA 

Il cammino dell’umanità, la nostra storia personale hanno un fine, un destino, un senso: Cristo. 

In Lui, Dio ha realizzato le promesse di bene con le quali aveva parlato al cuore del suo popolo durante il tempo della prima alleanza.
L’attesa messianica di questa venuta è stata rawivata e illuminata dalla parola dei profeti e ha segnato le vicende d’israele; l’attesa della seconda manifestazione del Signore anima la vita della Chiesa, pellegrina lungo i sentieri del tempo. 

Nella casa di Davide, nei solchi dell’umile terra della nostra umanità Dio ha seminato il Germoglio di giustizia, al corso della storia è stata impressa la traiettoria salvifica che ricongiunge definitivamente la terra al cielo.
Il Figlio dell’uomo che tornerà alla fine dei tempi è lo Sposo fedele che la Chiesa attende preparandosi, nell’operosità del quotidiano, al giorno ultimo in cui dovrà comparire davanti al suo volto glorioso.
Una preparazione rallegrata dalla speranza di dimorare per sempre nel Regno di giustizia che il Signore stesso instaurerà e nel quale saranno ricapitolate e troveranno nuovo significato gioie e delusioni, desideri e paure.

Vegliare e pregare significa camminare con lo sguardo «alzato», proiettati in un orizzonte salvifico i cui segni già si dischiudono dinanzi ai nostri occhi come frammenti intelligibili solo mediante un sapiente discernimento guidato dallo Spirito. 


SECONDA DOMENICA DI AVVENTO:
9 dicembre 2012 

LA PAROLA DI DIO SCESE SU GIOVANNI NEL DESERTO


Ogni attesa è preparazione dell’evento sperato.
È un fermento interiore che abilita al riconoscimento pieno e, nel medesimo tempo, è impegno concreto per ciò che può rendere vero l’incontro.
Il cuore è proteso nel desiderio mentre la vita si consuma in un’operosità visibile. È questa la  testimonianza di Giovanni Battista
Egli è l’amico dello Sposo che ascolta ed esulta di gioia alla voce dello Sposo (cfr. Cv 3,29); ma è anche colui che accoglie senza riserve il mandato di prepararne la venuta perché «la visita dall’alto del sole che sorge» (Lc 1,78) possa rallegrare il cuore di ogni uomo.
Quella di Giovanni è una gioia intima che si diffonde e che illumina il cuore di chiunque voglia aprirsi al Salvatore che viene.

Dio porta a a compimento la sua opera ma non sceglie una strada diversa da quella talvolta tortuosa e accidentata della storia dell’umanità.
Egli dimostra cosi di avere cura del suo popolo e lo riconduce a dissetarsi ai torrenti della giustizia e della misericordia.
A questa iniziativa l’uomo risponde tenendo vivo il desiderio di camminare sulle vie di Dio, convertendo e orientando ogni progetto al disegno di salvezza che da sempre è stato stabilito e che sarà definitivamente manifestato.
Attendere e seguire con gioia il Signore è come affrettare il tempo della sua seconda venuta: è vivere sintonizzati sulla lunghezza d’onda del piano divino che i doni dell’untuizione» e della «sensibilità», con cui lo Spirito ci ha arricchito nel giorno del Battesimo, consentono di non smarrire.

La salvezza di Dio è per tutti, la strada appianata sfocia nell’orizzonte di luce in cui ogni lamento si trasforma in danza e la veste di lutto si trasfigura in abito di gioia (cfr. SaI 29,12).
La storia dell’umanità è gravida di un’attesa profonda, porta in sé un anelito di pace e di giustizia: nell’oggi della Chiesa la voce di Giovanni che grida nel deserto riaccende i colori sbiaditi di una fede a volte impigrita, spiana il terreno accidentato del cuore dell’uomo perché si faccia dimora accogliente del Signore che viene.


TERZA DOMENICA DI AVVENTO:
16 dicembre 2012 

VERRA' UNO CHE VI BATTEZZERA' IN SPIRITO SANTO E FUOCO ..

Il Signore cammina in mezzo a noi!
È un annuncio che affonda le radici nella memoria delle opere di Dio e che mette le ali della gioia all’attesa del ritorno del Signore nel giorno ultimo. Parafrasando sant' Agostino possiamo dire che nella fede desideriamo la visione, nella speranza attendiamo il possesso e nella carità pregustiamo la beatitudine.
Visione, possesso e beatitudine sono tre tappe di un unico viaggio interiore che dal tempo ci condurrà all’eternità e che risponde ad uno dei bisogni più autentici dell’uomo, quello di giungere ad una gioia vera e duratura

Ci rallegriamo per la fedeltà di Dio alle sue promesse, perché sappiamo in chi abbiamo posto la nostra speranza (cfr. 1 Tm 4,10) e perché il dono che cerchiamo ci viene offerto dall’alto: «Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Cv 15,11).
Il Signore conta i passi del nostro vagare, raccoglie le nostre lacrime per scriverle nel suo libro (cfr. SaI 55,9) e questa sollecitudine amorosa scioglie le tenebre che si annidano nel cuore e lo dispongono alla conversione.

La gioia di chi si sente amato si diffonde con un riverbero inarrestabile e informa il tessuto connettivo dell’esistenza.
Anche le convinzioni ideologiche più ragionevoli non sono sufficienti a tradurre coerentemente nel «fare» ciò che crediamo giusto per noi e per gli altri.
L’uomo, nella storia, ha affidato la sua ricerca di gioia a molte dottrine, vi ha costruito sopra modelli di impegno per la causa del mondo. Ma occorre una ragione ultima, un senso capace di ricapitolare i frammenti di pace e di giubilo dispersi nell’operosità che anima la vita.
Il «fare» del Regno trova la sua ragione ultima nella sequela del volto vivente della Buona notizia: Gesù Cristo. 


QUARTA DOMENICA DI AVVENTO:
23 dicembre 2012 

MARIA SI MISE SUBITO IN VIAGGIO  ..

Dio è all’opera. La sua azione paziente, misteriosamente nascosta e straordinariamente efficace ha reso fecondo il grembo della storia.
Il Figlio di Dio che pasce il gregge dell’umanità ha proclamato il suo «eccomi» per offrirsi alla volontà del Padre e nella stessa obbedienza fiduciosa la «serva del Signore», Maria, ha creduto all’adempimento delle promesse di Dio.
L’azione dello Spirito Santo ha cancellato la sterilità nel seno di Elisabetta perché sulle sue labbra l’attesa di Israele potesse sciogliersi in un canto di benedizione.
Maria ed Elisabetta scrivono il loro nome nella lista dei poveri di Yahweh che, di generazione in generazione, hanno confidato unicamente nella fedeltà di Dio, una schiera di beati a cui appartengono coloro che anche oggi ascoltano la Parola di Dio e la osservano (cfr. Lc 11,28): «Ogni anima che crede — dice sant’Ambrogio — concepisce e genera la Parola di Dio e riconosce le sue opere».

Come Davide fu scelto da Dio per pascere la sua eredità Israele e divenne pastore dal cuore integro guidando il popolo con mano sapiente (cfr. SaI 77,71-72) cosi il nuovo Davide, il Messia-pastore, entrerà nel mondo attraverso il piccolo e modesto borgo di Betlemme.
Egli darà la vita per le sue pecore (cft. Cv 10,14-18) offrendo il suo corpo «una volta per tutte» nell’unico e prefetto sacrificio che santifica la nostra vita.
«Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti» (1 Cor 1,27) e secondo questa stessa logica viene a noi nel seno di una giovane donna che ha custodito nella silente contemplazione il misterioso progetto che l’ha voluta Madre del Redentore.
Una missione accolta con trepidazione al saluto dell’angelo e che Maria sente confermata nel saluto di Elisabetta: il «sì» pronunciato il giorno dell’Annunciazione diffonde la sua eco nel canto del Magnificat.