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Bicentenario di Don Bosco: Don Bosco, il Fondatore

di Don Ferdinando Colombo Sdb

Nascita della Congregazione Salesiana - Don Bosco, il Fondatore

«La persuasione di essere sotto una pressione singolarissima del divino, domina la vita di Don Bosco...
La fede di essere strumento del Signore per una missione singolarissima fu in lui profonda e salda...
Ciò fondava in lui l'atteggiamento religioso caratteristico del 'Servo biblico', del 'profeta' che non può sottrarsi ai voleri divini».
Tipica è la riflessione di don Cafasso: «Per me Don Bosco è un mistero. Sono certo però che Dio solo lo guida».

Lo stesso Don Bosco ebbe a dire in una conferenza ai direttori il 2 febbraio 1876: «...diciamolo qui tra noi, le altre Congregazioni e Ordini religiosi ebbero nei loro inizi qualche ispirazione, qualche visione, qualche fatto soprannaturale, che diede la spinta alla fondazione e ne assicurò lo stabilimento; ma per lo più la cosa si fermò a uno o a pochi di questi fatti. Invece qui tra noi la cosa procede ben diversamente. Si può dire che non vi sia cosa che non sia stata conosciuta prima».

 

1848: grandi problemi sociali

Nel 1848, mentre «uno spirito di vertigine» si leva «contro agli ordini religiosi, e contro le Congregazioni Ecclesiastiche», egli pensa e ripensa alla Congregazione che dovrà fondare.
Gli pare che Dio stesso gli suggerisca il carattere fondamentale della futura Congregazione: figli del popolo a servizio dei figli del popolo.

Nonostante i suoi progetti, nel 1850 don Bosco è un sacerdote diocesano di Torino come tutti gli altri. Si trova a capo di tre Oratori: di Valdocco, di Porta Nuova e di Vanchiglia. All'Oratorio di Valdocco ha aggiunto una casa per raccogliere ragazzi senza tetto.

 

Ho bisogno del vostro aiuto

E il 26 gennaio 1854, Don Bosco, mentre fuori c’è un'aria gelida da tagliare la faccia, raduna in camera sua quattro giovani. Due hanno già indossato la veste da chierico, Rua e Rocchietti, un terzo la indosserà alla fine di quell'anno, Giovanni Cagliero.

Dice loro, dal più al meno, queste parole: «Come vedete, io sono solo a lavorare tra i ragazzi abbandonati, e da solo non ce la faccio quasi più. Bisogna tirar via dalla strada gli sbandati moltiplicando gli oratori, aprire scuole per dare la possibilità a chi è intelligente di farsi una cultura, iniziare altri laboratori per i ragazzi che vengono sfruttati nelle officine. E a tutti questi ragazzi dare catechismo e amicizia con Dio. E questo non solo in Torino, ma in tante città d'Italia e del mondo. Per far questo io ho bisogno del vostro aiuto, e tutti quanti abbiamo bisogno dell'aiuto del Signore. Se ve la sentite, vi propongo di fare una promessa: di dedicarvi come me ai giovani più poveri. Domani questa promessa potrà diventare un voto. Io vedo in voi i "don Bosco" di domani».

Michele Rua ci ha tramandato una relazione abbastanza burocratica di quella riunione:
«Ci venne proposto di fare coll'aiuto del Signore e di S. Francesco di Sales una prova di esercizio pratico della carità verso il prossimo per venire poi ad una promessa; e quindi se sarà possibile e conveniente di farne un voto al Signore. Da tale sera fu posto il nome di Salesiani a coloro che si proposero e si proporranno tale esercizio» (MB 5,9). ( T. Bosco : “ D. Bosco Storia di un prete” – Ldc 1988)

 

Una società di liberi cittadini

Il ministro liberale Rattazzi  diede al fondatore alcuni suggerimenti importanti per la struttura organizzativa della sua opera: Rattazzi propose di non dare all'istituto un carattere apertamente religioso, ma di creare di un'associazione di liberi cittadini che collaborassero volontariamente al bene della gioventù povera e abbandonata, i cui membri conservassero i diritti civili e, se sacerdoti, portassero la veste del clero secolare; suggerì inoltre che coloro che detenevano degli uffici fossero chiamati con nomi profani come ispettore o direttore.
Nel 1858 don Bosco venne ricevuto a Roma da papa Pio IX che ne incoraggiò l'opera.

 

Congregati per la gloria di Dio e la salvezza dei giovani

La sera del 18 dicembre 1859 all’Oratorio di San Francesco di Sales, in località Valdocco, a Torino, nella camera di Don Bosco si radunano alcuni dei suoi primi giovani collaboratori allo scopo di «promuovere e conservare lo spirito di vera carità che richiedesi nell’opera degli Oratori per la gioventù abbandonata e pericolante».
Così scrive Don Alasonatti nel verbale di quell’incontro. A continuazione si legge nello stesso verbale: «Piacque pertanto ai Congregati di erigersi in Società o Congregazione che, avendo di mira il vicendevole aiuto per la santificazione propria, si proponessero di promuovere la gloria di Dio e la salute delle anime, specialmente delle più bisognose di istruzione e di educazione».

La professione dei voti pubblici di povertà, obbedienza e castità da parte dei primi ventidue membri ebbe luogo il 14 maggio e le costituzioni redatte dal fondatore furono approvate definitivamente da Papa Pio IX il 3 aprile 1874.
Solo il 28 giugno 1884 la Società Salesiana ottenne dalla Santa Sede la pienezza dell’approvazione.

 

Giovani confondatori

Il successore di don Bosco, don Pascual Chavez, ricordando l’origine della Congregazione Salesiana, afferma con viva partecipazione:
«Chi avrebbe pensato che così, praticamente, nasceva la Congregazione? Il 18 dicembre 1859 don Bosco fonda ufficialmente la Congregazione con una struttura molto chiara… Io mi commuovo quando penso a questo don Bosco: vedo un uomo che si lasciava guidare dallo Spirito, che era convinto di una missione che il Signore gli aveva affidato, che aveva bisogno di coinvolgere altri in questa sua avventura. E notate la grandezza di don Bosco: comincia la sua opera facendo dei suoi ragazzi dei protagonisti, facendoli diventare i suoi collaboratori più significativi ed immediati… Penso che la vera grandezza di don Bosco sia stata questa: fare dei suoi ragazzi non soltanto dei collaboratori ma i suoi “confondatori”! Per questo mi spavento un po’ quando parliamo dell’urgenza di avere vocazioni, ma non abbiamo il coraggio di fare quello che faceva il nostro Padre: mettere i giovani al centro, renderli protagonisti: ecco la grandezza e l’unità della Congregazione».

Penso che la vera grandezza di don Bosco sia stata questa: fare dei suoi ragazzi non soltanto dei collaboratori ma i suoi “confondatori”! 
Per questo mi spavento un po’ quando parliamo dell’urgenza di avere vocazioni, ma non abbiamo il coraggio di fare quello che faceva il nostro Padre: mettere i giovani al centro, renderli protagonisti: ecco la grandezza e l’unità della Congregazione».