Share |

Articoli

torna all'elenco

Il nostro Santuario: Il Crocifisso ligneo

di la Redazione

Il canonico e architetto Angelo Raule (1889-1981) che nella sua giovinezza aveva visto sorgere il nostro Santuario, poi lo aveva visto distrutto dal terremoto nel 1929 e dai bombardamenti  nel 1943, nel suo libro “Il Santuario del Sacro Cuore in Bologna”  (Bologna,1958) ci ricorda che ”Il bel Crocifisso di legno scolpito che si vede nel coretto di sinistra, ricorda il Crocifisso dipinto da Guido Reni che si trova nella Galleria Estense di Modena, e molto probabilmente è della stessa epoca”.

Infatti nel corso della ricostruzione operata da Don Antonio Gavinelli  fu collocato, nel coretto a destra del presbiterio, questo bellissimo Crocifisso a tutto tondo, in legno scolpito e patinato.

L’ opera, che sembra provenire dall’eredità che la famiglia Zambeccari lasciò ai Salesiani, fu restaurata dal professor Tullo Golfarelli con l’assistenza del salesiano Antonio Pizzicati; Per la sua notevole carica espressiva e per il suo vigore stilistico questo Crocifisso costituisce un’opera assai pregevole, attribuibile con ogni probabilità al XVI o al XVII secolo e sembra ispirarsi, come abbiamo detto, al quadro di Guido Reni. Ora si trova sul pilastro di destra del Presbiterio; ha una lunghezza di 184 cm e le braccia aperte misurano 153 cm, su una croce di legno di cm 330 x180.


Il Crocifisso di Guido Reni

La Crocifissione del Reni, attraversa i secoli ed è ancora una importante icona della nostra tradizione cristiana, anzi proprio nell’avere accolto, i dettami del Concilio di Trento, il quadro rappresenta quell’Arte senza tempo che il cardinale Gabriele Paleotti aveva cercato di inculcare agli artisti del proprio tempo.

Il Crocifisso fatto fare nel 1639 da un Girolamo Resta, fu posto nella Compagnia del Santissimo Sacramento a S. Stefano" a Reggio Emilia.

Nel famoso catalogo della mostra "Maestri della pittura del Seicento emiliano" del 1959, a Bologna, Gian Carlo Cavalli scrive nella scheda relativa al Reni: "In Guido principio ideale e realtà s'identificano ben presto, come stretta conseguenza della teoria classicista, nel mito stesso della bellezza". E' il classicismo del Reni, quasi in contrapposizione all'arte del Caravaggio. Il Crocifisso, è un'opera modernissima, lineare, molto essenziale, dove la luce è irradiata dal Cristo in croce.

 

Il volto di Cristo

La Chiesa ha ricercato tramite l'arte di raccontarsi e, in una certa maniera, di sponsorizzare la proprio immagine. Il volto di Cristo, ad esempio, è stato rappresentato nel corso della storia secondo diverse modalità e tramite iconografie differenti.

Chi, fra tutti, darà del Cristo una rappresentazione magistrale, nitida, chiara, quasi “pubblicitaria” fu il grande Guido Reni (Bologna, 4 novembre 1575 – Bologna, 18 agosto 1642). Chi pensa a Gesù si immagina senz'altro un viso come quello che lui dipinse nell'Ecce Homo del Louvre: lo sguardo estatico e malinconico ma non disperato né tragicamente sofferente, la corona di spine che sfuma nel vapore castano dei lunghi capelli disegnata con minuziosa maestria, la barba, soffice e più chiara, e i tetri spruzzi di sangue che colano sull'epidermide.

Un bagliore di luce sullo sfondo allude all'aureola e dunque alla sua natura divina e la bocca lievemente socchiusa si pone come un'estrema preghiera al Padre. Guido fonda l'idea di “classicismo cattolico” perché vuole, di fatto, dare vita e corpo alla divinità umanata: la bellezza dei corpi viene idealizzata così con lo stesso principio usato (la cosiddetta mìmesis) da Fidia nei fregi del Partenone o da Raffaello nella sua pittura, un perfetto rapporto tra forma e contenuto. In poche parole: non era il corpo perfetto ad essere dipinto, ma bensì l'idealizzazione dello stesso.

 

La Crocifissione

Guido Reni, detto anche il “Raffaello emiliano”, nelle rappresentazioni sacre del Cristo indugia con notevole piacere sulle braccia splendidamente tornite, sui torsi snelli ma pur sempre dotati di una perfetta muscolatura resa vivida dalle morbide ombreggiature e sulle lisce caviglie, tutti tipici elementi della più raffinata statuaria greco - romana. Massima icona di Cristo sulla croce, l'opera di Reni è stata replicata, copiata e riprodotta in ogni modo, finanche sui più diffusi santini devozionali. Quella suprema immagine di Dio fatto uomo che si staglia - sola - sul fondo cupo di un cielo tenebroso squarciato da un vivido raggio di luce metafisica, è stata per secoli una delle rappresentazioni più forti ed intensamente più suggestive del mistero della morte di Cristo.