Share |

Articoli

torna all'elenco

La preghiera che unisce La spiritualità ecclesiale

di Don Erino Leoni, salesiano

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).

La comunione con Gesù, nella preghiera, è immediatamente visibile.

Non per gesti esteriori, non per eclatanti manifestazioni. No, don Bosco ha voluto per i suoi una preghiera semplice e profonda, gioiosa e creativa, aderente alla vita e che si prolunga in essa.

La sua visibilità è data dalla carità, dalla comunione, dal desiderio dell’unità che da essa fiorisce.

Visibile, al di là delle parole, come l’amore di una mamma per il suo bambino. Visibile, tangibile, “invadente”.

Una preghiera che nasce sempre al “plurale”. Come la preghiera insegnataci da Gesù.

Un rivolgersi al Tu di Dio, comunione trinitaria, con e per i fratelli.

Nessun ripiegamento solipsistico e egocentrico. Tutto si apre al dono, per condividere ciò che si è ricevuto.

Guarda come si amano

Colpisce, nei 20 punti consegnati da Don Bosco come ricordi ai primi salesiani partenti per le missioni in America Latina l’11 novembre 1875, il tema della carità: fra loro, con la chiesa, con tutti.

2. Usate carità e somma cortesia con tutti…

6. Rendete ossequio a tutte le autorità civili, religiose, municipali e governative.

10. Amate, temete, rispettate gli altri ordini religiosi e parlatene sempre bene.

13. Fra di voi amatevi, consigliatevi, correggetevi, ma non portatevi mai né invidia, né rancore, anzi il bene di uno, sia il bene di tutti; le pene e le sofferenze di uno, siano considerate come pene e sofferenze di tutti, e ciascuno studi di allontanarle o almeno mitigarle.

18. Per coltivare la vocazione ecclesiastica… carità con segni di amorevolezza e benevolenza speciale.

19. Nelle cose contenziose prima di giudicare si ascoltino ambo le parti.

Questo tuo fratello

Preghiera che apre orizzonti e porta i fratelli dentro il cuore. E don Bosco ne specifica le sfumature. Amore che diviene timore… di ferire, perché il fratello, le comunità, le manifestazioni diverse della chiesa sono Corpo di Gesù… “quello che avrete fatto al più piccolo… lo avrete fatto a me”.

Amore che è rispetto, che è stima, assenza di giudizio, ma accoglienza e delicatezza “che si toglie i sandali” (Es 3,1-6) del proprio orgoglio giudicante perché sa che il fratello è ‘terra santa’.

Amore che se parla, parla solo bene. Non insinua nell’altro il dubbio con le proprie parole, non cerca sempre il pelo nell’uovo e lo comunica, non lancia battute che feriscono anche semplicemente con la tecnica dello spillo che pur piccolo scende in profondità.

Dove due o tre sono riuniti nel mio nome

La preghiera, Giovannino, l’aveva imparata con la mamma e i suoi fratelli stando “ginocchioni”, pregando la terza parte del Rosario. A scuola della Chiesa e della Comunità famigliare.

L’ha imparata nella comunità di Castelnuovo d’Asti. Chiesa e comunità locale.

L’ha imparata unendosi a tutta la Chiesa cattolica tre volte al giorno nella preghiera dell’Angelus.

Preghiera di famiglia, perché non si può pregare e odiare, portare rancori profondi, ignorando e chiudendosi all’altro negando nuove possibilità. Non ci si può nutrire di Dio e lasciar morire di fame i fratelli. Farsi perdonare e poi giudicare, parlar male e pesare continuamente i fratelli su bilance sofisticate che non perdono neppure una piuma nel conteggio del dare e avere.

In famiglia si impara il linguaggio fondamentale, il lessico che è il valore delle cose importanti, i toni del vero dialogo. Solo in un clima di famiglia s’impara il linguaggio dell’amicizia con Gesù, il lessico della misericordia del Padre e i toni dello Spirito. E così la preghiera Salesiana apre al dialogo con l’unico corpo di Cristo, corpo Eucaristico e corpo Ecclesiale. Dalla preghiera si “esce” per amare con il Cuore di Gesù, per testimoniare che siamo Suoi discepoli, per ritrovarlo in chi ci sta accanto.

Padre conservali uniti a Te

Preghiera della e per la comunità. Stare dinnanzi all’unico Signore modella il cuore sul Suo cuore. Un cuore che desidera che “nessuno si perda” (Gv 6,37-39). Un cuore che sa quanto la divisione (preparata dalla critica, dal giudizio, dalla mormorazione, dalle male lingue, dai pregiudizi…) fa male e venga pagata a caro prezzo dai più piccoli. Preghiera che verifica e corregge primariamente noi stessi e le nostre miserie contro l’unità. Preghiera che diviene bontà (secondo Don Egidio Viganò, successore di Don Bosco, è il quarto voto salesiano).

Preghiera salesiana che plasma la nostra vita, i nostri piccoli gesti quotidiani, le nostre parole feriali, i nostri pensieri immediati sul metro della dolcezza, della mansuetudine, della carità che tutto edifica, che rimane per sempre e sola educa. Preghiera che porta davanti al Suo volto e dentro il Suo cuore, e quello purissimo di Maria, coloro che ci hanno ferito o che noi abbiamo ferito. E così nel gioco bellissimo fra le sistole e le diastole della verità e della purificazione, usciremo dall’incontro con Lui come i missionari che don Bosco ha desiderato, pronti a portare ovunque, il dono della Sua comunione, riflesso della Trinità e della Chiesa.