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Omelia della XX domenica per anno B, 16_08_2015 Mangiare la carne e bere il sangue

di Colombo Don Ferdinando

Vangelo: Giovanni 6,51-58

Oggi è la quarta domenica in cui il tema del Pane Eucaristico viene approfondito.

Vi ricordate tre domeniche fa la prima lettura: La moltiplicazione dei pani. Gesù ha creato davvero un'esperienza di solidarietà fantastica a partire da quel ragazzo che aveva pochi pani e pochi pesci, ma li ha messi a disposizione e, sulla forza di Cristo, la solidarietà di condividere quello che ognuno ha, ha vinto la fame di tutti.

La gente ci ha preso gusto, tant'è che voleva farlo re. Non aveva proprio capito niente, volevano avere uno che pensasse a preparare pronto da mangiare senza fatica, senza lavorare. E Gesù come ricordate li ha duramente respinti in questa loro esigenza di risolvere i problemi senza impegnarsi. Sta sempre parlando di noi il Vangelo, non sta parlando solo di quelli, perché anche noi siamo fatti così.

La seconda domenica Gesù ha provato ad andare più a fondo, è sempre il cap.6 di Giovanni, uno solo, molto bello, che va riletto adagio adagio.

Gesù cosa ha fatto in quel vangelo di due domeniche fa? Ha detto "a volte tu vieni in chiesa, preghi e sei solo preoccupato di ottenere quello che stai chiedendo, non dai attenzione alla persona a cui ti rivolgi, oppure hai ricevuto una grazia, te la godi e ti dimentichi di ringraziare chi te l'ha data. In poche parole guardiamo la mano che ci dà il dono e non guardiamo negli occhi colui che invece ci ama infinitamente, che è il Signore.

Gesù ha chiesto alla gente di prendere sul serio la Sua presenza, Lui mandato dal Padre.

E la gente ha risposto dicendo: cosa dobbiamo fare?  Siamo pronti ad andare a Messa alla domenica, dire le preghiere al mattino, osservare i comandamenti, fare tante cose e Gesù ha detto NO, nessuna di queste cose è importante. L'unica cosa è che voi abbiate fede in me, che mi prendiate sul serio, che abbiate una relazione personale.

Guardate nei rapporti che abbiamo con le persone: sì, uno può darmi dei regali, delle cose, risolvere il mio problema, ma la cosa che conta è se io sono in un rapporto davvero d'amicizia o d'amore, seria, continuativa con questa persona.

Gesù proprio a partire dai bisogni che abbiamo ci dice: non avere la piccolezza di non guardare a colui che ti ha dato tutto, la vita stessa e che ti ama, guardalo negli occhi, immedesimati con Lui, entra in una relazione d'amore. Ecco la religiosità non è venire in chiesa e neanche dire preghiere. Quelli sono i frutti più belli ma se manca l'innamoramento, il riconoscere davvero che Cristo è al centro della nostra vita, Io torno a dirlo con quelle belle preghiere che ci hanno insegnato da piccoli "Ti adoro mio Dio, ti amo con tutto il cuore, ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano, conservato in questa notte, o in questo giorno..." è una dichiarazione d'amore.

Io penso che anche nelle relazioni umane, sì, possiamo dare un bacio, un abbraccio, un ringraziamento, una stretta di mano,  gli auguri, ma se il cuore non è innamorato, sappiamo che quelle cose sono un po' superficiali e lasciano il tempo che trovano. Probabilmente troppe volte il nostro essere, il manifestare atti religiosi è superficiale. Vi accorgete che nel pregare il Gloria, il Santo, il Credo io cerco di farlo con lentezza marcando le parole, il senso delle frasi che diciamo. Normalmente invece c'è sempre qualcuno che ha una cantilena, fa così tutto a memoria tanto lo sappiamo tutti, ma non serve, io non sto recitando una poesia, sto parlando con il Signore, capite la differenza fondamentale.

E si arriva alla domenica scorsa. Ricordate che Gesù a quel punto ha fatto un passo in avanti, forte: ha detto "che cosa desideri nella vita?" Di vivere bene, desideri la giustizia, le cose fatte bene, desideri le cose belle, un amore che duri a lungo, una bella famiglia, quindi la bellezza, la bontà, la giustizia, la solidarietà. Ecco questa fame che tu hai, solo un Pane speciale può saziarla. Fame dell'Uomo, non di cose materiali ma di sostanza, risposta di Dio che dice: devi mangiare me, io sono il Pane disceso dal cielo, chi mangia me non avrà più fame. È il tema di domenica scorsa: Gesù si è proposto non come statua sull'altare, ma come qualcosa da assimilare, da far diventare tuo.

Nel rapporto, ad esempio coniugale, la vita di due persone che vivono per tanti anni fra di loro, è proprio un mangiarsi a vicenda nel senso di assimilare progressivamente le caratteristiche dell'altra persona. È così bello quando dopo 30, 40, 50 anni di matrimonio i due si guardano negli occhi e sanno benissimo che fatica si fa ad accettare il carattere dell'uno e dell'altra e a digerirlo. Ma lo dicono con gioia "sono riuscito per tanti anni ad assimilarti, a farti  diventare una cosa sola con me, io mi sento davvero unito con te".

Gesù vuole questa assimilazione, vuole, e lo diciamo con le parole di San Paolo "non sono più io che vivo è Cristo che vive in me". Vorrebbe che non ci fosse più bisogno di statue o di libri, ma la gente dovrebbe guardare il cristiano e vedere in lui l'immagine di Cristo. Vedo un cristiano che ama e ama come amerebbe Gesù, vedo un cristiano che fa politica e vedo che lo fa come lo farebbe Gesù, lo vedo davanti agli immigrati, davanti ai poveri della nostra città, ai bambini che muoiono nel mondo, vedo la gente che si prodiga, che lo fa con amore e io dovrei  vedere in questi loro gesti che è presente Gesù, perché finalmente noi "viviamo Gesù", noi dobbiamo "diventare Gesù".

Quindi non solo lodarlo, ringraziarlo, conoscerlo, che sono basi importanti ma, soprattutto è questa assimilazione di Gesù.

Questo nelle tre precedenti domeniche. Siamo arrivati finalmente a quella di oggi.

Gesù oggi alza il tiro, cioè: chiede ancora di più. E lo fa con due frasi legate alla cultura del suo tempo. Per noi sono parole un po' difficili, dicendo "voi dovete mangiare la mia carne e bere il mio Sangue". Siamo onesti, cosa avremmo fatto davanti a una frase così: questo è matto, come si fa a mangiare la carne di quello lì, che mi sta parlando e bere il suo sangue? Tanto più che per gli ebrei la parola sangue era sacra, il sangue è la vita, se esce il sangue da una persona esce la vita.

Loro dicevano, la vita risiede proprio nel sangue, quindi va rispettato, non si può trattarlo in qualunque maniera.

Allora Gesù cosa voleva dire? Che cosa ha aggiunto? Non stiamo facendo una storia di qualcosa di lontano da noi, stiamo parlando dell'Eucaristia, cioè di quello che noi tutte le domeniche, e noi preti tutti i giorni, abbiamo la gioia, l'onore, il grande dono di potere rivivere.

Cosa vuol dire mangiare la Sua carne e bere il Suo sangue? Nel linguaggio ebraico mangiare la carne, la parola carne è una parola di debolezza, di fragilità, di limitatezza. Gesù voleva dire: smettila di pensare a un Dio manovratore della vita degli uomini, quindi un Dio pensato sulla figura dei potenti, di quelli che comandano, di quelli che dirigono. Dio non è così, Dio è un papà, talmente buono d farsi presente in mezzo a noi con una creatura umana che è Gesù. E addirittura morire sulla croce.

Ma come è possibile un Dio che si fa uomo, un Dio che muore in croce. Ė accettabile un'idea di questo tipo? E gli interlocutori di Gesù non lo capivano, lo rifiutavano,voleva o un Dio potente, un Dio che cacciasse via i nemici, un Dio che li facesse trionfare, che risolvesse tutti i  problemi.

Gesù ha detto e lo dice a noi oggi: accetta che il tuo Dio viva nel tuo cuore, accetta che il tuo Dio ti è vicino e rispetta la tua libertà, anche quando tu fai peccato, quando tu lo rifiuti, accetta che il suo amore è un amore totale che non si fermerà mai e che ti ama sempre e ama tutti. Ama anche quelli che fanno il male? Certo, anzi forse ha un amore di predilezione, perché vorrebbe portarli davvero alla conversione.

Quindi mangiare la carne di Cristo vuol dire entrare in una dimensione di un amore universale, di una capacità di donare sé stessi agli altri, anche se gli altri non ci amano.

Provate a pensarlo anche in famiglia, quante volte amiamo una persona e quella non ci ama;  "basta, chiudo". No! amala di più, fa come fa Dio, amala di più.

Allora capite il significato di "mangiare la Sua Carne" (fra poco faremo la Comunione e mangiamo la sua Carne): o io entro in questa mentalità di amore universale, di donazione, di capacità di immolare me stesso per la vita dell'altro o se no quella Comunione non vale niente, non mi farà forse male, ma certo bene non mi fa.

Poi Gesù aggiunge "bevete il mio Sangue". Allora era chiarissimo che nella testa degli ascoltatori veniva un ricordo molto bello: Mosè stabilisce un patto d'alleanza con Dio e come fa? Uccide parecchi vitelli, raccoglie il sangue in un bacile e poi spruzza il sangue sul vestito di tutte le persone presenti e tutti ne volevano, almeno una macchietta perché fosse visibile il segno di quel sangue che poi ha versato sull'altare, simbolo di Dio e ha detto "ecco fra Dio e gli uomini è stato stabilito un patto d'alleanza"

Io direi con parole di oggi, è stato stabilito un matrimonio, un'alleanza perenne, un legame molto più profondo di quello che c'è fra marito e moglie.

Un'alleanza con Dio. Dio è mio alleato, Dio è quello che vuole la pienezza della mia vita, Dio è quello che mi ha dato la vita e che me la conserva fino al giorno in cui ritornerò da Lui.

Allora quando Gesù dice "mangiate la mia Carne, bevete il mio Sangue" ci sta chiedendo intanto di riconoscere la Sua presenza di un amore infinito, ma poi ci chiede di amarlo come Lui ci ama. Non si accontenta che noi Lo preghiamo, non gli servono le nostre preghiere, vuole il cuore, vuole il nostro cuore, vuole che davvero Lui sia al centro del nostro vivere, che noi ci fidiamo di Lui,che crediamo davvero che la nostra vita è sposata in maniera totale per sempre. E quando dico per sempre penso al paradiso che abbiamo meditato ieri (festa dell'Assunta) e penso che noi diventiamo davvero una cosa sola con Lui, già qui in terra per poterlo vivere sempre nell'eternità.

Domenica avremo l'ultima fase di questo discorso del Pane di vita, ma a me piace stamattina cercare di ricordarvi che: fra poco veniamo a fare la Santa Comunione, io alzo l'Ostia  e dico "il Corpo di Cristo" e voi rispondete un "Amen" bello, profondo che viene dal vostro cuore. C'è qualcuno che viene e subito dice Amen, io potrei dire qualsiasi stupidaggine e quello l'Amen l'ha già detto. No, vivetelo quel momento, è un momento serio. Il prete dice: guarda che ti do il Corpo e il Sangue del Signore e se tu dici "Amen" ti impegni a conoscerlo, a viverlo come ha vissuto Lui, ad assimilarlo, a vivere questo matrimonio d'amore con il Signore , allora capite che quell'Amen è importante.

Diciamolo proprio con fede e con fierezza dopo che il prete vi ha annunciato che cosa vi sta dando.

E che cosa dobbiamo ricordare in quel momento?

La prima domenica il PANE DELLA SOLIDARIETÀ. Non puoi fare la Comunione con il Corpo di Cristo e infischiartene dei tuoi fratelli. È un sacrilegio. Poi ognuno può farlo secondo le sue possibilità chi dà le preghiere, chi dà il tempo, chi dà i soldi, chi dà la propria disponibilità: il pane della solidarietà.

La seconda domenica RICONOSCERE CHE DAVVERO IL SIGNORE È QUI CHE VIVE CON NOI. Mi fido di te, ti metto al centro del mio cuore e quindi quando faccio la Comunione Gesù ė al centro del mio cuore.

Terza domenica GESÙ ASSIMILATO. Signore ti prendo e ti ricevo perché voglio diventare te, io voglio vivere te, essere veramente la continuazione della tua presenza nel mondo.

E oggi il momento più alto: IO VOGLIO ESSERE SPOSATO CON TE,  una cosa sola con te.

Il vangelo ci dice: "se uno mangia il mio Corpo e beve il mio Sangue io rimango in lui e lui rimane in me". Poteva dirlo in un altro modo? Non è forse così anche l'unione fra marito e moglie? Io in lei e lui in me.

Allora capite la bellezza di questa affermazione è la bellezza della Comunione che faremo fra poco.

Spero di avervi trasmesso non una cosa passeggera, ma il modo di vivere sempre il nostro incontro eucaristico con il Signore.

Omelia della XX domenica per anno B.doc