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Il Santo del giorno

 

Marzo 2024

30 Gennaio

Nome: GIACINTA

S.ta GIACINTA MARESCOTTI
Vergine, terziaria francescana (1585-1640)

 

Nacque a Vignanello, nella diocesi di Civita Castellana, nel 1585 da principi romani. All’età di vent’anni, acconsentì ad entrare nel medesimo monastero di S. Bernardino, assumendo il nome di Giacinta, ma portando nell’animo dispetto, sdegno e spi-rito secolaresco. Dopo circa quindici anni di vita in monastero, durante una malattia la colse la grazia di Dio: la sua conversione fu sincera e totale. Riparò le debolezze passate ed ascese alle più alte vette della perfezione cristiana. Bramosa di ripetere la passione del Redentore nel suo corpo, si macerò con ogni genere di tormenti. Pur legata dalla clausura, svolse un’attività eminentemente sociale; ai poveri, ai sofferenti, non esclusi i carcerati, della città di Viterbo.
La sua forza d’impetrazione presso Dio fu si valida da ottenere molte conversioni. Si rese promotrice e fondatrice di varie istituzioni pie per le quali dettò le costituzioni come quella dei “Sacconi” per l’assistenza agli infermi; quella degli “Oblati di Maria”, dediti alla cura dei vecchi ricoverati nell’ospizio S. Carlo, fatto da lei costruire. In tempi in cui era diffuso il giansenismo, pose ogni cura per ravvivare l'amore al S.mo Sacramento, dando origine a pie pratiche di devozione, come la pubblica esposizione del Santissimo nell’ultimo giorno dell’anno, nel giovedì di ogni settimana e durante l’ottava del Corpus Domini.
La sua unione con Dio raggiunse lo stato estatico abituale, in determinate occasioni, l’imponderabilità del corpo, riportandone il dono della profezia e della scrutazione dei cuori. Morì tra dolori atroci, confortata dai sacramenti il 30 gennaio 1640, all’età di cinquantaquattro anni. La canonizzazione fu decretata il 15 ago-sto 1790 da Pio VI, ma la solenne funzione ebbe luogo solo il 24 maggio 1807 a motivo dei torbidi politici di quei tempi. Il corpo della santa, custodito in una preziosa urna, si trova a Viterbo nel-la chiesa del convento di S. Bernardino.

30 Gennaio

Nome: MARTINA

S.ta MARTINA
Vergine e martire (†228)

 

La storia di certi Santi è come il corso di quei fiumi carsici, che scompaiono ad un tratto inghiottiti dal terreno, per ricomparire più lontano. Di Martina, per esempio, nobile giovinetta romana martirizzata sotto Alessandro Severo verso il 228, si era nei secoli affievolito quasi ogni ricordo sebbene fosse stata dedicata a lei, nel Medioevo, una chiesa di Roma. Fu nel 1634 che un Papa ripropose ai fedeli la figura di Santa Martina, addormentatasi giovinetta nel lungo sonno del martirio. Il Papa Urbano VIII, uno di quei Pontefici che consolidarono il successo della cosiddetta Controriforma, nel 1634, mentre fervevano le opere anche materiali del suo pontificato, si imbatté, tra le rovine di un’antica chiesa, nelle reliquie di Santa Martina. Ne ricercò la storia e ripropose la quasi dimenticata giovinetta come un esempio di santità. Oltre ad essere un grande Papa, Urbano VIII era un garbato cultore di poesia ed egli stesso compose un bellissimo inno in onore della Martire, in latino, che comincia così: “Martinae celebri plàudite nòmini”…
In questo inno è accennato alla vita della fanciulla, figlia di un console romano, restata orfana ed erede di un ricchissimo patrimonio, ed è tessuto un breve elogio della Santa, nella sua vita immacolata, nella sua esemplare carità, nel suo coraggio nella confessione della fede. Poi è narrato il suo martirio, terminato con la decapitazione, e infine è esaltata la sua gloria celeste. E poiché Urbano VIII stava lavorando anche ad una definitiva sistemazione del Calendario della Chiesa e della sacra Liturgia, istituì la festa di Santa Martina il 30 gennaio. Nonostante il lungo salto di secoli, la devozione dei romani per la Santa giovinetta fu così viva e affettuosa che Santa Martina venne considerata da allora come una delle “Patrone” della città eterna.

30 Gennaio

Nome: SAVINA

S.ta SAVINA
Matrona (†303)

 

La redazione della passio dei santi Nabore e Felice narra che dopo l’esecuzione della sentenza capitale dei due santi a Laus Pompeia (Lodi Vecchio), luogo del martirio, una madre di famiglia, donna di profonda fede, sottrasse le due spoglie, le cari-cò su un carro e le trasportò a Milano dove le onorò degnamente. Un’altra redazione invece narra che una matrona di nome Savina sottrasse le due salme, le unse di aromi e le seppellì in terre di sua proprietà. Quindi, le rapì dalla città di Lodi e le trasferì a Milano “donandole alla nostra città”. Questa leggenda è certo molto posteriore al martirio (303 d.C.) ed anche a S. Ambrogio che nell’inno Victor Nabor, Felix pii conosceva l’esecuzione lodigiana di tre e non di due martiri.
Savina recò a Milano i due corpi santi in una botte, e disse alle guardie che portava del miele, per cui il luogo del miracolo si chiamò Melegnano. Alla sua morte Savina venne sepolta presso i due martiri Nabore e Felice. Il Liber che raccomanda il culto di S. Savina nel 1571 fu sancito ed autorizzato da S. Carlo Borromeo dopo la ricognizione dei presunti resti. Nel 1798 i resti vennero traslati in S. Ambrogio, dove si costruì una cappella a lei dedicata. Anche a Lodi, presunta patria di Savina, si onorò la santa matrona. La potente famiglia deiTresseni, nel corso del sec.XIII, quando il Liber ne raccomandava il culto a Milano, si accaparrò la figura della matrona facendone la propria capostipite. Nel 1568 sette vedove lodigiane crearono la congregazione del S.mo Sacramento ponendola sotto la protezione di Savina, ed ancora oggi, sia a Milano che a Lodi, Savina è onorata il 30 gennaio.