Share |

Il Santo del giorno

 

Marzo 2024

5 Maggio

Nome: ANGELO

S. ANGELO
Martire Carmelitano († 1255)

 

Il Santo di nome Angelo visse press’a poco ai tempi di san Francesco, nel XII secolo. Nato a Gerusalemme, da un parto gemellare, fu ebreo non soltanto di razza, ma anche di religione, finchè la madre, convertendosi al Cristianesimo,non portò alla fede anche i due figli gemelli, che si battezzarono insieme. E ancora insieme, alla morte dei genitori, i due fratelli decisero di comune accordo di farsi monaci sul Monte Carmelo, in Palestina. L’Ordine del Carmelo, si poteva considerare come un felice punto d’incontro tra la tradizione ebraica e la rivelazione cristiana. I due gemelli di Gerusalemme, scegliendo il Carmelo come palestra di perfezione spirituale, si mostrarono fedeli alla loro razza, pur nella primavera della loro nuova fede cristiana.
Angelo, ordinato sacerdote, percorse diverse regioni della Palestina lasciando traccia del suo passaggio nell’eco di molti miracoli. Ritornato sul Carmelo, non restò a lungo nella devota solitudine del promontorio palestinese. I superiori lo inviarono a Roma, proprio per sottoporre il Papa Onorio III la Regola adottata da San Broccardo. Il Papa, che pochi anni dopo avrebbe approvato la Regola di San Francesco, confermò infatti la Regola carmelitana, e il monaco Angelo, compiuta la sua missione, venne inviato in Sicilia con il compito della predicazione. L’isola del sole era infestata dagli eretici Patarini, contro la cui diffidenza e sufficienza spirituale ben poca presa ebbero le parole del predicatore carmelitano. Contro i Patarini, San Domenico di Guzman aveva sguinzagliato i suoi “segugi del Signore”, armati di sapienza e di povertà; dai Patarini venne ucciso, presso Milano, San Pietro da Verona, primo martire domenicano. A Licata, mentre andava a celebrare la Messa nella chiesa di S.Giacomo, il 5 maggio del 1255, Angelo cadde trafitto da cinque colpi di spada.

5 Maggio

Nome: CALOGERO

S. CALOGERO di SCIACCA
Eremita (V sec.)

 

Il Martirologio Romano riporta questa notizia: “Presso, Sciacca, in Sicilia, visse San Calogero, eremita, la cui santità si manifestò soprattutto nella liberazione degli ossessi”. Poco o nulla la storia avrebbe da aggiungere a questa notizia su San Calogero. La storia – ben inteso – della sua vita; perché quella della sua devozione dopo la morte è ancora da scrivere. Il significato greco del nome, vuol dire “bel vecchio”. Il Santo, secondo una ininterrotta tradizione, veniva dalla Grecia, o meglio dall’Oriente ellenico. Anzi, diversi secoli più tardi, quando l’Oriente era occupato dai turchi, il popolo attribuì all’orientale Calogero, con curioso anacronismo, la fisionomia e soprattutto la tinta di “moro”. Dall’Oriente, San Calogero giunse in Italia, non come pellegrino, ma per atto di deferenza e di rispetto verso quella Chiesa di Roma, che già prima del turbinoso V secolo, nel quale egli visse, era maestra di dottrina e d’obbedienza. Fu perciò con la benedizione del Papa che San Calogero scese verso la Sicilia e si fermò in prossimità di Sciacca. Alle spalle della città, un monte, non alto, ma ripido, si affaccia sul vasto panorama della costa e del mare, fino all’isola di Pantelleria. Il monte si chiama, grecamente, Kronion, ed era celebre fin dall’antichità per le “stufe” di vapori naturali, caldi e medicamentosi, che scaturivano, e ancora scaturiscono, presso la sua cima.
In questo luogo insolito, San Calogero stabilì il suo romitorio. E sul monte Kronion, presso le stufe vaporose, passò i restanti 35 anni della sua vita, in mezzo a sempre maggiori macerazioni e a sempre più larga ammirazione. Cominciò allora, lui vivente, quell’afflusso di pellegrini e di bisognosi che ancora percorre le ripidi pendici del monte Kronion, chiamato ormai Monte San Calogero, per visitare il santuario costruito sul luogo nel quale vi fu la celletta del santo eremita.

5 Maggio

Nome: IRENE

S.ta IRENE di LECCE
Vergine (IV sec.)

 

Una delle più belle chiese barocche di Lecce ci richiama a Sant’Irene, la cui devozione in città aveva alle spalle una tradizione millenaria. Irene infatti morì nel IV secolo, e morì Martire per la fede, forse sotto Diocleziano. A Lecce si narrano molti suggestivi episodi sul conto di questa fanciulla, i cui veri contorni storici sono piuttosto vaghi e sfuggenti. Si dice, per esempio, che ella sarebbe stata la figlia di Licinio, il futuro Imperatore e socio del grande Costantino, insieme con il quale avrebbe poi sottoscritto l’editto di tolleranza religiosa per i cristiani. La fede perciò dell’integerrima fanciulla avrebbe avuto un peso storico non piccolo, contribuendo a ben disporre l’animo paterno nei confronti dei credenti nel Cristo. Ed è perciò significativo il fatto che la conversione del padre sia stata ottenuta soltanto con il martirio della figlia. Quanto alla probabilità che Sant’Irene, la Martire di Lecce, sia stata veramente figlia di un Imperatore, non abbiamo elementi né per confutarla né per dimostrarla. C’è però un particolare curioso, che fa pensare a qualcosa di più che una coincidenza.
Anche i Copti, cioè i cristiani scismatici di certe regioni africane, l’Etiopia soprattutto, onorano una Santa Irene o Erina, e anch’essi la dicono figlia di un re, Licinio. L’origine della devozione per i santi presso i Copti è molto antica, ed è rimasta, per così dire, cristallizzata nei secoli. Si può pensare perciò che questa loro Sant’Irene e la Martire pugliese siano la stessa persona. Irene è un nome greco “cirene” che vuol dire “pace”. Quella pace che Sant’Irene, con il suo martirio, contribuì a riportare tra i cristiani, vittime delle persecuzioni, e che ancor oggi è l’augurio più bello e la preghiera più necessaria rivolta alla Patrona di Lecce nel giorno della sua festa.