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Il Santo del giorno

 

Marzo 2024

30 Luglio

Nome: GIUSTINO

S. GIUSTINO DE JACOBIS
Vescovo missionario (1800-1860)

 

Giustino era un membro della Congregazione della Missione (fondata da S. Vincenzo de’ Paoli) e nel 1839 fu mandato a dirigere una missione in Etiopia, un paese in cui la situazione politica era molto brutta e gli stranieri occidentali, membri di una chiesa considerata arrogante ed eretica, non erano per nulla benvenuti. Il lungo, lento lavoro di padre Giustino, basato su una cortesia che era l’espressione del suo amore per ogni persona che incontrava, cominciò a dare i suoi frutti sotto forma di migliori relazioni con le Chiese locali; ma egli non riuscì a vincere l’ostilità del patriarca copto di Alessandria né quella del neo nominato primate della Chiesa etiope Salama, un uomo molto giovane e non tanto capace. L’ingrandirsi della missione cattolica - la fondazione di una scuola e di un seminario, l’arrivo di un vescovo - fece scoppiare una persecuzione: “Uccidete Abuna Jacob e tutta la sua gente...”. per poter aiutare di più il suo sparso gregge Giustino, che ora era lui stesso un perseguitato, fu anche ordinato vescovo, pur rimanendo un prete di rito latino, ebbe la facoltà di celebrare la messa e amministrare i sacramenti secondo l’antico rito etiopico. A un certo punto S. Giustino fu arrestato con l’intenzione di farlo “sparire”; ma i suoi guardiani lo liberarono in una zona selvaggia dalla quale riuscì a uscire con un terribile viaggio fino a Halai, nell’Eritrea meridionale.
Ora il lavoro del vescovo Giustino era limitato a un’area più piccola, ma comportava ancora viaggi estenuanti; durante una di tali missioni, in cui era accompagnato da un prete e da un gruppo di monaci e di discepoli, egli seppe che la sua ora era venuta. Nella valle di Alghedien ricevette l’estrema unzione e pronunciò le sue ultime parole: “Pregate duro piccoli, perché sto per morire. Non vi dimenticherò... sto morendo”. Fu sepolto nella chiesa di Hebò, nell’estremo nord del paese, dove la sua tomba viene custodita con cura e la sua memoria è ancora molto viva fra il popolo, che sentiva che egli era uno di loro.

30 Luglio

Nome: PIETRO

S. PIETRO CRISOLOGO
Vescovo e Dottore della Chiesa (380-450)

 

Fu uno degli uomini più celebri del suo tempo, il V secolo: predicatore di tanta persuasiva eloquenza da esser detto Crisologo, cioè, in greco, “dalla parola d’oro”. La Chiesa oggi lo onora tra i suoi Dottori. L’eloquenza del Crisologo si esercitò soprattutto nel combattere gli ultimi residui del paganesimo, per rintuzzare l’eresia che sempre minaccia la purezza della fede. L’eresia del giorno era quella di Eutiche, prete di Costantinopoli condannato dal Patriarca S. Flaviano. Eutiche scrisse ai più autorevoli Vescovi dell’Occidente, e tra questi anche al Crisologo. “Non possiamo indagare in modo ingiurioso Colui che aspettiamo e temiamo come nostro Giudice”. Piero “dalla parola d’oro” era nato a Imola, in Emilia, agli inizi del V secolo. Era diacono della sua città quando morì il Vescovo di Ravenna, e il Vescovo di Imola fu designato come suo successore. Pietro accompagnò a Roma il suo Vescovo, per chiedere la ratifica papale all’elezione. Ma, inaspettatamente, e contro il parere dei delegati, il Papa Sisto III non volle confermare il Vescovo designato. Al suo posto scelse colui che l’accompagnava, il diacono Pietro.
A Ravenna, l’imolese venne accolto come un inviato, dal cielo, con onori e festeggiamenti ai quali intervenne lo stesso Imperatore. L’ex diacono e grande predicatore non deluse le aspettative dei ravennati. Fu Vescovo di straordinaria saggezza e di fermezza adamantina, nel condannare il male e promuovere il bene. Con la sua parola d’oro, predicò dalla cattedra di San Vitale, maestro di dottrina non soltanto al proprio gregge, ma acclamato tra i maggiori di tutta la Chiesa occidentale nel suo tempo. Costruì due chiese in città, e un monastero fuori di Ravenna. Si preoccupò dei problemi materiali dei cittadini, fornendo la città di acqua abbondante, convogliata da una fonte scoperta fuor delle mura. Sentendosi vicino al gran viaggio, volle tornare a Imola, dove spirò appena giunto. Fu sepolto, secondo il suo desiderio, presso il sepolcro di San Cassiano, dove ancora riposa.