Share |

Il Santo del giorno

 

Marzo 2024

19 Giugno

Nome: GIULIANA

S.ta GIULIANA FALCONIERI
Vergine († 1341)

 

A Firenze nel chiostro della Santissima Annunziata si trova un’arca di pietra forte, sulla quale è scolpito un grande falco da caccia: è lo stemma dei Falconieri, e l’arca di pietra è la tomba di Carissimo Falconieri, fratello di uno dei Sette Santi fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria e padre di Giuliana. Quando nacque si capì subito che la bella creatura non era nata per la terra, ma per il cielo. Infatti Giuliana, crescendo, dopo la morte del padre, non dimostrò nessuna femminile ambizione: a 14 anni chiese il velo nero del Terz’Ordine, mettendosi sotto la direzione spirituale di San Filippo Benizzi. Quando la madre morì, chiese ed ottenne di fondare un monastero femminile, prendendo il nero manto dei Servi di Maria. Fu così Serva di Maria, seguita da altre giovani che a Firenze vennero subito chiamate le Mantellate. La Firenze di Dante aveva bisogno di pace, di concordia e di sacrificio. Giuliana Falconieri, con le sue Mantellate, prese sopra di sé il compito di pregare e digiunare e contemplare i Sette dolori della Madonna, quei dolori che i cittadini di Firenze infliggevano nuovamente a Maria con le loro discordie, le loro inimicizie, le loro iniquità. Ella resse il convento delle Mantellate con grande saggezza e nobiltà per quasi quaranta anni.
Passata la settantina, una malattia di stomaco che la tormentava da molti anni, le impedì di ingoiare la particola e quindi di fare la Comunione. Morente, nel 1341, chiese di essere distesa sull’impiantito della cella e che le fosse posta l’ostia consacrata sul petto. L’ostia, posata sopra un candido corporale, sparì, mentre la Santa pronunziava le stesse parole con le quali aveva dischiuso le labbra per la prima volta: “Mio dolce Gesù, Maria”. E quando la rivestirono, per le esequie, le monache videro sul petto della Santa un marchio viola, come se l’ostia vi si fosse impressa, con l’immagine di Gesù crocifisso. E’ il marchio che le Mantellate portano ancora sulla sinistra del loro scapolare, a ricordo della miracolosa ultima comunione della loro fondatrice, Santa Giuliana Falconieri.

19 Giugno

Nome: ROMUALDO

S. ROMUALDO
Abate (952-1027)

 

Nato a Ravenna, verso il 952, discendente di nobile famiglia di duchi, a 20 anni entrò nel monastero benedettino di S. Apollinare in Classe, ma presto ne uscì per dedicarsi a vita eremitica. Indugiò alquanto sui colli veneti, ma, insoddisfatto, si ritirò nel monastero spagnolo di Cuxà. Dieci anni più tardi, è di nuovo a Ravenna, abate di S. Apollinare. L’anno seguente, è a Montecassino dove finalmente trova la quiete che cercava, una via di mezzo tra la vita monastica e quella eremitica, una mirabile sintesi di contemplazione, di solitudine e di lavoro. Attorno a Romualdo, seguito anche da altri giovani e adulti del suo tempo, fioriscono una serie di comunità religiose: a Verghereto, a Lemmo, in Val di Castro, a Ravenna, a Camaldoli, nell’alto Casentino, la località resa celebre da lui e che dà il nome all’Ordine suo, detto appunto dei Camaldolesi. L’eremo di Camaldoli è un’immagine di pace e di serenità, nel verde riposante della folta selva di abeti. Invece la vita del suo fondatore fu irrequieta e agitata al di là di ogni immaginazione.
Da vero uomo di Dio, si interessò a tutti i problemi della Chiesa del suo tempo: le missioni in Boemia e in Polonia, i pellegrinaggi in Terrasanta, la riforma del Clero e dei monaci alla luce più pura ed esigente del vangelo e della tradizione monastica benedettina. Romualdo morì nel monastero di Val di Castro nel 1027. Il suo corpo riposa a Fabriano, dove fu trasferito nel 1481. S. Pier Damiani ne ha scritto la vita e parla di lui come di un uomo sempre affabile e sereno, dal volto ilare, per la gioia di stare in intimità con Gesù. Nella biografia, è narrato il suo dolce trapasso alla vita eterna: “Verso l’ora del tramonto, ordinò ai due fratelli che lo assistevano di andarsene e di chiudere bene la porta della sua cella, di ritornare all’alba del giorno seguente, per recitare insieme le lodi. I due, preoccupati per la fine del loro maestro, che sentivano vicina, si nascosero vicino alla cella, quasi a guardia del prezioso tesoro. Dopo un po’, non sentendo più alcun movimento, immaginando ciò che doveva essere accaduto, forzarono la porta e trovarono il santo corpo senza vita. Quella perla celeste era stata riposta nello scrigno del Sommo Re”.