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Il Santo del giorno

 

Marzo 2024

11 Settembre

Nome: MODESTO

S. MODESTO di BENEVENTO
Sacerdote (sec. IV)

 

Modesto di nome e di fatto, questo santo di Benevento non ci consente di sollevare il velo che nasconde la sua vera figura. Ci ha consegnato, perciò, un’immagine completamente di fantasia che non ha valore come profilo del santo tanto modesto da apparire sfuggente. Unica cosa certa sul suo conto è il suo culto a Benevento, l’antica e industriosa città del Sannio che racchiude tanta storia, non soltanto devota, e tante glorie, non soltanto di santità, ma anche di arte e di cultura. La tradizione antichissima dice che Modesto proveniva da altri paesi, e che soltanto da morto il suo corpo venne trasportato nella chiesa di Benevento. Forse era sardo di origine, ma non sappiamo su quali fonti si appoggi tale precisazione.
Come sacerdote cristiano, Modesto subì i rigori della persecuzione di Diocleziano, all’inizio del IV secolo. La tradizione narra che il suo martirio ebbe luogo in un modo insolito, gettato nell’acqua bollente. Nel XII secolo, un volenteroso monaco di Montecassino si propose di scrivere una vita di S. Modesto, venerato a Benevento. Sfortunatamente, non sapeva neanch’egli nulla di più di ciò che oggi noi sappiamo. Così, nonostante tutti gli sforzi dei biografi non è stato possibile sollevare il velo di modestia che sembra circondare la figura di questo Santo, di cui resta certo soltanto il nome, quello di Modesto, e il centro del suo culto, la città di Benevento.

11 Settembre

Nome: PROTO, GIACINTO

Santi PROTO e GIACINTO
Martiri (sec. III)

 

La memoria dei Santi Proto e Giacinto non è più segnata nel Calendario della Chiesa. Di questi Martiri, infatti, anche si di antica fama, si conosce soltanto il nome, la data e il luogo della loro deposizione: l’11 settembre, nel cimitero di Bassilla, lungo la via Salaria. Nel 1845, scavando a Roma, nelle Catacombe di Sant’Ermete, il gesuita Padre Marchi, archeologo e studioso di cose antiche, rinvenne in una oscura cripta una sepoltura chiusa da una lastra di pietra. Su questa era scritto, in latino: “Deposto il terzo giorno delle idi di settembre - Giacinto Martire”. La lastra non mostrava segni di rottura, né gli altri lati del loculo portavano segni di apertura. Il Padre Marchi si rese conto di aver scoperto l’unica tomba di un Martire delle Catacombe giunta assolutamente intatta fino ai nostri giorni.
Quel fortunato rinvenimento dette così corpo e conferma ai dati leggendari sui due Martiri, o almeno di uno di loro, Giacinto. Confermò il luogo e la data della sepoltura; confermò la qualifica tradizionale di Martiri; confermò l’antichità del loro culto. L’esame dei resti di San Giacinto permise un’altra constatazione. Le ossa mostravano i segni del fuoco. Si pensò perciò che Giacinto, e forse anche Proto, non fosse stato decapitato, ma arso vivo. Dalle nebbie variopinte della leggenda, San Giacinto - e di riflesso anche il suo compagno, San Proto - entrò così nella certezza della storia.

11 Settembre

Nome: TEODORA

S.ta TEODORA
Penitente (V sec.)

 

Abbiamo scarse notizie della sua vita, ma ci interessano alcuni detti, probabilmente autentici, che dell’antica penitente Teodora ci sono stati conservati.
“Per entrare nella porta stretta - ella disse una volta - bisogna lottare. Gli alberi non danno frutto, se non hanno conosciuto l’inverno e le sue intemperie. Questa vita è il nostro inverno: non avremo il Cielo senza tribolazioni e tentazioni”. E ancora: “E’ assai bello starsene in pace. Il saggio vive in pace; ed è veramente gran cosa, per una donna consacrata a Dio o per un monaco, starsene in pace, specialmente per i giovani. Il male è che, a guastare le cose, sopraggiungono le immaginazioni”.
Ripeteva il detto del monaco il quale, prima di recitare l’uffizio si sentì assalire dalla febbre: “Bene - disse - morirò: ma almeno avrò detto il mio uffizio”. E quello del religioso, il quale, insultato, disse: “Potrei rispondere, ma la legge di Dio mi chiude la bocca”. E quello dell’eretico che dissertava a sproposito delle esigenze del corpo; a lui rispose: “Da’ al tuo corpo una legge, e vedrai allora che appartiene al Creatore”. Finalmente, raccontava il colloquio di un anacoreta con i demoni tentatori. “Che cos’è che vi fa fuggire? - chiese il sant’uomo. - Il digiuno?”. “No, - risposero - noi non mangiamo né beviamo”. “Allora le veglie?”. “No, noi non dormiamo mai”. “La solitudine dunque?”. “No, noi non abitiamo i deserti”. “E allora, che cosa vi fa fuggire?”. “Niente può vincerci - risposero i demoni - tranne l’umiltà”.