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Alfabeto Familiare: A come Amore

di Don Roberto Carelli Sdb

Alfabeto familiare

La famiglia rimane un bene prezioso, ma è in caduta libera. Innegabile che si diventa umani in famiglia, ma intanto le coppie scoppiano, l’educazione è in affanno, le personesempre più fragili.

In pochi decenni la società tradizionale ha ceduto il passo alla società complessa, con evidenti guadagni in termini di benessere ed evidenti perdite in termini di bene. Ci siamo liberati di qualche rigidezza sacrale, ma l’età secolare ci consegna una società in frantumi. I codici affettivi, pazientemente tessuti lungo i millenni della civiltà classica e cristiana, sono scompaginati, e non si sa bene a chi far appello per tentarne una ricomposizione che guardi al futuro senza dimenticare il passato.

L’idea di un “lessico familiare” poteva andare bene fino alla metà del ‘900, come descritto nell’omonimo romanzo della Ginzburg. Ma la congiuntura attuale ci consiglia il proposito più modesto di presentare un “alfabeto familiare”.Per ritrovare la grammatica dei sessi, far girare la sintassi degli affetti, articolare il discorso dell’amore.

 

A come Amore

La partenza è d’obbligo. Per ragioni di ordine alfabetico, ma soprattutto per ordine di importanza.

Che brutta fine sta facendo l’amore! Sarebbe la parola che nomina l’identità ultima di Dio e il desiderio più profondo dell’uomo. Ma la sua riduzione sentimentale ed erotica l’ha resa esangue.“Amore” ha perso il potere di evocare il Nome di Dio e di richiamare la verità degli affetti umani. L’hanno ridotto a variazione dei sensi e degli istinti. Non indirizza più a grandi ideali, né riesce a motivare i sacrifici della vita. Non si gioca più sul dono e sulla fedeltà, ma sulla quantità e la casualità delle esperienze. E non mira a un impegno stabile, ma all’incremento del benessere e del godimento. È pericolosamente risucchiato nella sfera dei beni di consumo, ma intanto tenta di piegare ai suoi scopi persino la sfera del diritto.

 

Il dono di sé salva l’amore

I conti però non tornano. I progetti dell’ “amore libero” realizzano profonde schiavitù. Ma è possibile non accorgersene subito. Solo un paio di esempi.

1. Anche il giudizio cristiano potrebbe essere indotto a pensare che il favore accordato al mondo delle emozioni e alla sfera dell’erotismo faccia il gioco degli affetti familiari, in quanto ne integra la concretezza specifica. Ma a parte il fatto che non si tratta di integrazione, bensì di sostituzione, in realtà c’è più di un motivo che dovrebbe spingerci a ritenere e ad annunciare che è il dono di sé e l’appartenenza ad altri che salva l’amore, le sue gioie, le sue estasi. Più francamente, è il matrimonio che salva e realizza l’amore, non è l’amore a doversi salvare dal matrimonio! Come riconosceva Ricour già nel ‘66, il matrimonio è geniale perché « salva la durata e l’intimità del legame sessuale, rendendolo umano. In molti casi ottiene l'effetto contrario: ne distrugge la durata e l'intimità. Tuttavia, nonostante questi pericoli, il matrimonio resta la migliore occasione di tenerezza».

 

Pulsioni di morte

2. Dà anche da pensare il fatto che proprio così, dissacrato e secolarizzato, l’amore viene comunque divinizzato e reso oggetto di culto. Proprio questo amore, ridotto alla forma adolescenziale dell’innamoramento, sottratto ad ogni vincolo normativo e rituale, consegnato allo spontaneità dell’emozione e dell’eccitazione, è fatto oggetto di una religione invisibile e di una devozione assoluta. Ovvio che un tale culto non mantiene le sue promesse: tra gli esperti c’è molta preoccupazione nel vedere che la crescita delle possibilità di godimento sia accompagnata da una proporzionale crescita di “pulsioni di morte”. Lo sapevano già gli antichi, ben prima di Freud, che vi è un oscuro legame fra amore passionale (eros) e istinto di morte (thanatos), ma è proprio vero quello che dicevano De Rougemont e Lewis nei loro saggi sull’amore, che «quando l’amore non è più Dio, diventa un demonio», e, similmente, «quando l’amore è elevato a dio, si trasforma in un demonio»! I cristiani non possono proprio smettere di annunciare a tutti il cuore e la sintesi del messaggio cristiano: non “l’amore è Dio”, ma «Dio è Amore» (1Gv4,8)!