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Anno della fede: La sfida della libertà alla fede cristiana

di card. Carlo Maria Martini (estratto)

Nel desiderio di trovare un’icona biblica che esprimesse in maniera concreta la grandezza e la difficoltà delle sfide che la crescita della libertà propone alla fede cristiana, mi è venuta in mente – tra le tante possibili – l’immagine dello scontro tra Davide e Golia, narrato in 1 Re 17. Golia appare come un uomo forte, armato, che usa le armi più raffinate e potenti del suo tempo, e ha inoltre un esercito dietro di sé; mentre Davide è un ragazzo libero, sciolto, impacciato da una tecnologia troppo sofisticata, che si serve per combattere di un bastone, di una fionda e di pochi sassi del torrente. Risalta dunque la sproporzione di forze tra i due contendenti, e anche una dose di follia, una sorta di spregiudicatezza evangelica necessaria per affrontare un avversario potente, compatto, che ha un’euforia da vincitore. Tenendo presente questa icona riflettiamo sulle sfide che la libertà pone alla fede.

 

Una libertà in crescita esponenziale e selvaggia

Osservando il panorama culturale dell’Occidente è facile constatare che fino a qualche tempo fa erano ancora presenti e operanti, malgrado tanti cambiamenti, alcuni riferimenti etici forti e alcuni limiti ritenuti “invalicabili” con cui confrontarsi nella vita delle nostre società.

Erano pure presenti e accettati come ovvii anche molti limiti fisici stabiliti dai grandi fatti biologici naturali, entro i quali si doveva vivere e operare, senza pensare di poterli un giorno oltrepassare.

È invece tipico della nostra epoca il superamento di tanti limiti da parte della coscienza della gente: si tende a vivere o almeno a pensare come se non ci fossero più. L’uomo d’oggi, l’uomo occidentale ha l’impressione che quasi tutto gli è o gli sarà presto tecnicamente possibile, che i limiti fisici ritenuti invalicabili possono o potranno ben presto essere superati.

La scienza sta travalicando e travalicherà le stesse leggi della generazione naturale, della procreazione, dell’eredità biologica.

L’umanità e quindi indotta a ritenere che in avvenire potrà fare quasi tutto ciò che vuole a riguardo della natura, dei modi di essere dell’umano, della vita e della morte.

La conseguenza veramente nuova di quanto ho richiamato è che mai come oggi nella storia si è accresciuto a dismisura il senso della propria libertà e autonomia: tutto, in fondo, sembra essere negoziabile e opinabile, tutto può essere scelto.

 

Gli atteggiamenti possibili

Si tratta di interrogarci, in spirito di fede, sulle possibilità che oggi ci sono date per vivere e proclamare il messaggio cristiano a partire dal contesto sopra descritto. In che modo, attraverso una libertà segnata dalla grazia e dalla coscienza accresciuta della propria responsabilità, gli uomini e le donne del nuovo millennio sono chiamati a superare i pericoli di un arbitrio sfrenato, non semplicemente con un ritorno al passato, al tempo dei divieti, bensì riscoprendo la propria vocazione di figli di Dio, e perciò liberi?

Se si dà un cammino dell’umanità guidato dalla Provvidenza, a noi tocca scoprire quali possibilità di Vangelo si celino nel dilagare di problemi, drammatici anche, causati dal crescente senso di libertà.

Vorrei in proposito ricordare un intervento del Cardinale Goffredo Danneels nel Sinodo europeo dei Vescovi, «Il trauma culturale che la Chiesa patisce non potrebbe rappresentare un salutare elettrochoc per far ripartire il cuore cristiano dell’Europa dopo una lunga anestesia spirituale?».

 

A quali condizioni?

A quali condizioni la libertà del nostro tempo è terreno propizio per la riscoperta, la riproposizione e la crescita della fede cristiana?

Si tratta di condizioni che ricordano un po’ quelle di Davide di fronte a Golia, del ragazzo bisognoso di libertà nei movimenti contro il gigante che appariva ormai strapotente e vittorioso. Condizioni cioè di libertà spirituale e di scioltezza nel guardare avanti; di fiducia di fondo, senza temere di essere o di sembrare un piccolo gregge; soprattutto di coltivazione dell’interiorità e della preghiera; di familiarità con le Sacre Scritture; di azione capillare a modo di lievito e di fermento; di riconoscimento dei contravveleni e delle linee di resistenza che nascono nel cuore stesso di una società sottoposta alla deriva dell’arbitrio.

 

Vegliate e pregate

Mi piace concludere con le parole con le quali il Cardinale Danneels terminava l’intervento al Sinodo europeo dei Vescovi: «Nel momento in cui scende la notte – e la notte sta scendendo, sulle Chiese d’Occidente –, è necessario, secondo la parabola delle vergini, entrare in un tempo di veglia. Ma veglia non significa fuga: significa attesa paziente e attiva dello Sposo che viene. Entriamo dunque in questo atteggiamento di veglia. Non tutto è bene nell’Europa occidentale. Ma lo Sposo viene. Imitiamo le vergini sagge: prendiamo le lampade e dell’olio. L’olio – il contenuto – lo forniranno Dio e il suo Cristo. Ma i vasi e le lampade – i contenitori – rappresentano l’apporto degli uomini del nostro tempo: le loro domande e risposte, la loro lingua e cultura».