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Spiritualità: Intercedere come Cristo

di Don Ferdinando Colombo

La devozione al Sacro Cuore è una devozione eucaristica

Quando utilizziamo l’espressione Cuore di Cristo ci riferiamo alla infinita misericordia di Gesù che si è manifestata in tutti i suoi comportamenti, i suoi insegnamenti, i miracoli, ma che ha raggiunto il suo vertice quando Gesù si è immolato per noi sulla croce.
Quando celebriamo o partecipiamo all’Eucaristia attualizziamo per noi l’amore misericordioso di Cristo, simboleggiato dal suo cuore, ma ben più realisticamente annunciato dalle parole della consacrazione: «questo è il mio corpo dato per voi, … questo è il mio sangue versato per voi».
Dal cuore, come simbolo, l’Eucaristia ci fa passare alla realtà, da una parte fisica ci porta ad adorare la persona intera, da una visione privata ci permette di accedere alla piena rivelazione della persona di Cristo, immagine perfetta del Padre e tempio dello Spirito Santo.

 

La devozione al Sacro Cuore si realizza eucaristicamente nell’intercessione

Nel sacrificio dell'Eucarestia Gesù si immola e si presenta al Padre per noi: «sempre vivo per intercedere per noi» (Eb 7,25): il suo cuore è aperto dalla lancia del sol­dato, il suo sangue prezioso si effonde sul genere umano.
In questo sublime vertice e centro di tutti i sacramenti, si sprigiona la forza spirituale dell’intercessione di Cristo che ci ha strappati al male e ci ha riconciliati col Padre.

 

Intercedere è azione sacerdotale

La lettera agli Ebrei propone visioni liturgiche solenni per farci comprendere che la preghiera di intercessione è una preghiera sacerdotale. È Gesù stesso ad intercedere per noi assumendo su di sé le nostre colpe e pagando con il suo sangue il prezzo del nostro riscatto.

«Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote della realtà definitiva. Egli è entrato in una tenda più grande e perfetta non costruita dagli uomini e non di questo mondo.

Di lì Cristo è passato una volta per sempre nel vero santuario, dove non ha offerto il sangue di capri e di vitelli, ma ci ha liberati per sempre dai nostri peccati, offrendo il suo sangue per noi.

Infatti il sangue di capri e di tori e la cenere di una vitella bruciata purificano i sacerdoti dalle impurità materiali e li rendono adatti a celebrare i riti; ma quanto più efficace è il sangue di Cristo! Mosso dallo Spirito Santo, egli si è offerto a Dio, come sacrificio perfetto. Il suo sangue purifica la nostra coscienza liberandola dalle opere morte, e ci rende adatti a servire il Dio vivente» (Eb 9,11-14).

 

Anche noi dobbiamo intercedere in forza del sacerdozio comune dei fedeli

San Pietro, nella sua prima lettera, chiama i fe­deli «stirpe eletta, sacerdozio regale...».
In virtù del Battesimo i laici vengono «consacrati» a Dio con una vera infusione di Spirito Santo, perciò sono chiamati «stirpe eletta» cioè sono scelti, chiamati da cui ne deriva un “vocazione”.
Per questo motivo essi non appartengono più a se stessi, ma a Dio quali membra del corpo mistico di Gesù Cristo, che è tutto sacerdotale.
Il Concilio Vaticano II nel documento Lumen Gentium afferma che «il Sommo ed Eterno Sacer­dote Gesù Cristo vuole continuare anche attraver­so i laici la sua testimonianza e il suo ministero e concede loro parte del suo ufficio sacerdotale, per esercitare un culto spirituale, affinché Dio sia glorificato e gli uomini salvati».

 

Farsi  carico della vita del fratello

Dal giorno del nostro Battesimo che ci ha incorporato a Cristo Sommo sacerdote, noi quindi abbiamo una relazione diretta con Dio che ci mette in grado di rivolgerci a lui senza intermediari. Nel linguaggio della Chiesa questa nostra nuova relazione con Dio è descritta da tre caratteristiche che denotano anche i compiti della vita cristiana: noi siamo chiamati a vivere il ruolo di sacerdoti, di re e di profeti, come Cristo.

In particolare la funzione “sacerdotale” si esplica nell’intercessione: colui che supplica Dio per il fratello compie un’azione sacerdotale. Come sacerdoti, nella preghiera per gli altri dobbiamo domandare a Dio quello che chiediamo anche per noi stessi, quindi le cose grandi e celesti, la remissione dei peccati e tutto ciò che è un bene reale.

Assumendo con sempre maggior consapevolezza il nostro compito sacerdotale di pregare per gli altri, di metterci in mezzo tra Dio e i fratelli siamo chiamati a compiere un cammino progressivo di maturazione che è illuminato dalla Parola di Dio, la cui proclamazione è esattamente la funzione “profetica”.

Dalla funzione “regale” siamo impegnati a realizzare concretamente la giustizia, la solidarietà, la carità. Come Gesù, il buon samaritano si è fatto vicino a ciascuno di noi per salvarci, così noi dobbiamo farci vicini ai più bisognosi.  La visionarietà della Chiesa è un esempio eloquente di tutte e tre le funzioni: come profeti annunciamo il Vangelo in opere e parole, come sacerdoti coinvolgiamo le persone nel Mistero pasquale di Cristo con i Sacramenti, come re promoviamo il loro sviluppo umano. Così ci facciamo carico del fratello in senso totale, così la nostra vita è eucaristica, così la nostra devozione al Sacro Cuore diventa  costruzione del Regno di Dio.