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Il nostro Santuario, le vetrate: SANT'AMBROGIO e SANTA LUCIA

di Daniela Dal Monte

SANT' AMBROGIO

Nelle vetrate del nostro santuario è rappresentato con il pastorale in una mano e lo staffile nell’altra. È opera di Antonio Maria Nardi. E’ spesso raffigurato in abiti vescovili e con l’emblema di una sferza, che simboleggia la penitenza imposta all’imperatore. Altre volte con un alveare, in quanto pare che uno stormo di api, simbolo della sua futura eloquenza, si sia posato su di lui quando era bambino.

È il santo patrono dei tagliapietre, giacché molti di loro nel medio evo provenivano dalla Lombardia e da Milano. È anche protettore degli apicoltori, dei fabbricanti di cera, dei vescovi, di Milano, Vigevano e della Lombardia.

 

 

Nato a Treviri nel 339 o 340, seguì le orme del padre - un prefetto romano della Gallia - studiando diritto e retorica; intraprese la carriera giuridica e a trent’anni si trovava già a Milano in qualità di governatore di gran parte del Nord Italia.

Nel quarto secolo la Chiesa era divisa dalla controversia sull’eresia ariana e nel 374, morto il Vescovo di Milano, Aussenzio, che era ariano, tra i membri dell’assemblea riunita per eleggere il successore scoppiò un tumulto che si estese alla città. Ambrogio, consapevole della sua funzione civile, parlò al popolo con tale saggezza per esortarlo a scegliere pacificamente, che fu acclamato Vescovo dalla folla.  I Vescovi della provincia, data la sua capacità di conciliare fazioni opposte, ratificarono  l’elezione, benché Ambrogio  fosse solo catecumeno.

Il 7 dicembre Ambrogio veniva battezzato e consacrato vescovo della diocesi di Milano. Ambrogio donò le sue ricchezze ai poveri e si diede allo studio delle Scritture e dei padri  della Chiesa; ebbe una vita semplice, frugale e operosa, dedicata completamente al servizio.

Con la corte imperiale ebbe rapporti intensi e complessi, fondati sul convincimento che  l’imperatore è nella Chiesa, non sopra.

Quando Teodosio, in seguito all’uccisione del comandante del presidio di Tessalonica ordinò una violenta repressione nella quale morirono – così si disse - settemila persone senza distinzione tra colpevoli e innocenti, gli rimproverò apertamente il massacro e gli impose una pubblica penitenza, affermando che non avrebbe accettato le sue offerte all’altare. L’imperatore  si piegò, facendo penitenza da ottobre a Natale.

Morì a nel 397, un Venerdì Santo, dopo aver avuto premonizione della sua morte e fu  sepolto il giorno di Pasqua. Le sue reliquie nell’anno 845 furono collocate sotto l’altar  maggiore della basilica che in vita aveva fondato.

Il culto di Ambrogio è solido e diffuso. Il santo è uno dei quattro grandi dottori della Chiesa, insieme a san Girolamo, sant’Agostino e san Gregorio Papa.

 


 

SANTA LUCIA

È facilmente riconoscibile nelle tante raffigurazioni, per il piattino con gli occhi che tiene in mano. Altri attributi iconografici sono: la palma simbolo del martirio, il giglio simbolo di verginità, o il libro del Vangelo fonte di luce perenne.

Nella vetrata del nostro Santuario, opera del Nardi, è raffigurata appunto con la palma e gli occhi posati su un piccolo piatto.

 

Vergine e martire, santa Lucia è una delle figure più care alla devozione cristiana.

Nata a Siracusa intorno al 283, durante una malattia della madre che soffriva di emorragie, le apparve in sogno sant’Agata di Catania, la quale la esortò a pregare per la guarigione della madre. Lucia obbedì e salvò effettivamente la mamma.

Non si sa bene se fosse già cristiana o lo diventasse in seguito all’episodio, ma comunque desiderò dedicare la vita a Dio e donò la sua dote, già approntata, ai poveri.

Nel 304, durante la persecuzione di Diocleziano, un uomo, tentò di rapirla. Dato che la giovane oppose resistenza, il soldato la denunciò come cristiana al prefetto della regione Pascasio, perciò Lucia fu arrestata, sottoposta a torture inumane e infine uccisa da una guardia che la trafisse al collo con un pugnale. Una leggenda dice che tra le torture subì anche l’accecamento, un’altra che per rendersi odiosa al pretendente, si strappò volontariamente gli occhi.

Esiste ancora a Siracusa un’iscrizione del IV secolo che parla della morte di una fanciulla chiamata Euskia, avvenuta proprio   il giorno di santa Lucia. Anche a Roma nel VI secolo Lucia era venerata come una delle più illustri vergini martiri della Chiesa.

La protezione della vista che le si attribuisce è probabilmente legata più che alla perdita degli occhi, alla radice del nome Lucia, simile alla parola latina lux, ovvero luce.

Il giorno a lei dedicato era considerato il solstizio d’inverno ossia il giorno più corto dell’anno, promessa di maggior luce ed è stato per molto tempo occasione di cerimonie speciali connesse con la verginità.

In Italia, in tutto il territorio delle Venezie, Lucia è colei che, al posto di babbo Natale, di Gesù Bambino o della Befana, si incarica di portare i doni ai bambini buoni, nella notte del 13 dicembre.

Patrona di Siracusa, viene invocata come protettrice degli occhi, della vista, degli oculisti, degli elettricisti, oltre che per guarire dalle emorragie.