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Il nostro Santuario: La cappella della Madonna del Rosario

di Daniela Dalmonte

Proseguiamo la visita al Santuario del Sacro Cuore di Bologna. Subito dopo la prima cappella laterale a destra, chiamata Cappella di San Giuseppe entriamo nella seconda Cappella dedicata alla beata Vergine del Rosario.

Di fronte a noi vediamo il dipinto, risalente agli inizi del XX secolo, opera di Vincenzo Pacelli di Roma, il quale volle riprodurre fedelmente la bella immagine di Giovan Battista Salvi, detto  il Sassoferrato ( 1605-1685), che si trova nella Basilica  di Santa Sabina in Roma: la Madonna in trono, con il Bambino in braccio, porge il rosario a San Domenico, tradizionalmente considerato “l’inventore” del santo Rosario. Alla sua sinistra santa Caterina da Siena, con fiori ai piedi  - non dimentichiamo che rosario significa roseto, giardino di rose - e al di sopra gli angioletti le fanno corona.

Ricordiamo che la festa della Madonna del Rosario, il 7 ottobre, è stata istituita per ricordare la vittoria contro i Turchi nella battaglia di Lepanto del 1571. Alla Madonna fu attribuita questa vittoria della cristianità perché a Lei, su invito del Pontefice, si erano rivolti i fedeli di tutta Europa, recitando  il Rosario.

Anche questa cappella non è stata risparmiata dai bombardamenti del 1943: sappiamo che  furono  distrutte le  decorazioni delle pareti e che l’altare, come quello della vicina cappella di San Giuseppe, fu completamente polverizzato e che due quadri collocati ai lati della pala furono distrutti. Si salvarono invece, miracolosamente, le vetrate, che dunque sono tra le poche dei tempi della costruzione.

Attualmente la  grande pala è formata da tre parti: al centro,  la Vergine del Rosario del Pacelli; ai lati due quadri più recenti, del 1951, entrambi opera di Renato Pasquì, lo stesso autore del “Transito di san Giuseppe”.

Il quadro a destra rappresenta santa Teresa del Bambin Gesù. Al suolo è la corona di spine a indicare le tante prove e mortificazioni che la santa ebbe a sostenere nella sua breve vita, e i libri, emblema del suo essere “dottore della Chiesa” e di quello che lei stessa scrisse: la storia della sua anima. Con la mano sinistra la santa tiene al petto un fascio di rose che sparge a terra con la destra: aveva promesso di far cadere sulla terra una pioggia di rose (“i miracoli e le grazie che scenderanno sulla terra per mia intercessione”).

Alla sinistra, il quadro che raffigura santa Rita da Cascia. La santa, in ginocchio, è protetta da un angelo alle sue spalle che la sorregge nella sua estasi mentre medita la Passione di Cristo.

Dall’alto un raggio le scende sulla fronte dove è conficcata una  spina: un giorno nel 1432, mentre era in contemplazione davanti al Crocifisso, una spina della corona del Cristo scese a conficcarsi nella sua fronte, producendole una profonda piaga che poi sanguinò per quindici anni, scomparendo  soltanto in occasione di un suo pellegrinaggio a Roma. Ai suoi piedi i libri di preghiere, simbolo della sua devozione e delle sue meditazioni, accanto alle rose  che ricordano il prodigio del roseto fiorito in pieno inverno.

L’elegante altare marmoreo, che presenta molte analogie con gli altri esistenti nel Tempio, fu donato dal conte Acquaderni, ed eseguito  dal laboratorio dei fratelli Bencini di Firenze in sostituzione del precedente.

Questa cappella fu voluta dal cardinale Svampa, l’arcivescovo promotore della costruzione dell’intero tempio, in memoria e a suffragio del papa Leone XIII, che per questo aveva elargito nel 1901 la considerevole somma di lire venticinquemila. Le offerte per questa cappella, inaugurata nel 1913, provennero da ogni parte del mondo. Il Pontefice Pio X, già nel 1903, quando venne a sapere che nel tempio si stava erigendo una cappella commemorativa del suo predecessore, grande propagatore della pratica del Santo Rosario, volle essere il primo a contribuire.

Fu lo stesso Pontefice a volere che le pareti della cappella fossero decorate dagli stemmi del Papa Leone XIII e di altri illustri donatori; come si è già detto, questa parte della cappella fu distrutta nel 1943.

Nelle vetrate della grande bifora che la illumina, sono rappresentate  l’Annunciazione alla  Vergine e l’annuncio dell’Angelo a san Giuseppe. Al di sopra, un tondo di particolare bellezza, raffigurante Gesù fanciullo con la croce, separa queste doppie vetrate dalle soprastanti, nelle quali è rappresentata la visita di Maria a Elisabetta. Al di sopra di tutto, un altro tondo con la figura dell’Eterno Padre.

I due pittori i cui nomi ricorrono nella descrizione di queste cappelle sono “di casa” nel santuario del Sacro Cuore: Vincenzo Pacelli aveva  dipinto La sacra famiglia, nella seconda cappella a sinistra, mentre Renato Pasquì è l’autore dell’affresco raffigurante il Battesimo di Cristo nella cappella del Battistero.