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Avvento 2014

di mons. Antonio Riboldi (Qumran2.net)

Per la Chiesa l'Avvento è Dio che vuole come riprendere il dialogo e l'offerta che ci ha fatto nella creazione, ossia ridiventare pienamente figli Suoi, tramite la venuta tra di noi del Suo Figlio Gesù. Ha atteso per tutto il Vecchio Testamento: un tempo molto lungo, proprio in preparazione di questo riprendere il dialogo con noi e la voglia di vederci ritornare a casa con Lui, dopo il rifiuto di Adamo ed Eva.

La storia del Vecchio Testamento racconta i tanti tentativi del Padre per riportare gli uomini a Lui. Ed è davvero un segno incredibile di amore del Padre, offeso dai nostri progenitori, questo ricreare la nostra storia di amore con Lui.

Vi è una domanda che dobbiamo porci, se siamo sinceri: 'E' possibile che un uomo, creatura di Dio, possa vivere lontano da 'casa' e, quello che è peggio, senza godere dell'amore del Padre?'

Non mi stanco di ripetere che noi siamo nella creazione il frutto di un incredibile amore.

Un amore che se accettato avrebbe significato pienezza della ragione del dono della vita e, nello stesso tempo, pienezza di gioia di avere con Dio la nostra vera e sola casa.

Il mondo che viviamo porta tutti i segni del vivere senza Dio. A volte ha l'aspetto di un inferno insopportabile, al punto che tanti a volte rifiutano questo inferno ricorrendo a palliativi come la droga o il chiasso (e ce n'è tanto) che possono stordire, ma altro non fanno che allargare lo spazio dell'infelicità.

Come figli, lo crediamo o no, tutti sentiamo o dovremmo sentire il desiderio di godere della gioia di vivere nella casa del Padre. Là e solo là è la nostra piena e profonda e duratura felicità.

Fuori, quando va bene, c'è nostalgia e desiderio.

Descrive bene il profeta Isaia tutto questo:

Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ci chiami, nostro redentore.

Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore della tua tribù, tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti.... Orecchio non ha mai udito, occhio non ha mai visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui... Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo ribelli. Siamo divenuti tutti come cosa impura, come panno immondo sotto tutti i nostri atti di giustizia: tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento .. Ma tu, Signore, tu sei nostro padre: noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera delle tue mani" ( Is .. 63 e 64).

Credo che Isaìa descriva proprio il cuore di chi vive senza conoscere la bellezza di avere il Padre e il desiderio di trovarLo.

La risposta del Padre è donare il Figlio che ci riscatti e ci riapra la porta del cielo, ossia di casa nostra: farci ritrovare, con la fede, con la vita, la via di casa e con la casa la vera nostra dimora.

Così descrive Paolo VI, nostra guida nell'Avvento, questo tempo davvero prezioso e santo, tempo di attesa della gioia di sapere che Dio è tornato tra noi, come uno di noi, caricandosi della nostra sofferenza, per riabilitarci a essere davvero figli Suoi, eredi del Paradiso.

"Noi siamo nel periodo liturgico che precede la celebrazione del Natale, cioè la venuta del Salvatore del mondo, della Incarnazione del Verbo di Dio, di Colui che avrà nome Gesù, il Cristo, il Messia. Siamo nel periodo chiamato Avvento, che significa attesa, preparazione, desiderio, speranza dell'arrivo nel mondo, nel tessuto storico del popolo eletto e nel disegno universale della umanità, di Colui verso il quale, per secoli ed in mezzo alle più tormentate esperienze, si è tesa l'ansia della salvezza, la visione del Re vincitore, dell'instauratore della giustizia e della pace."

"Sarà un bambino - profetizza Isaia - sarà un figlio della nostra stirpe, e sarà chiamato col nome di Consigliere ammirabile, Dio forte, Principe della pace."

Ma vediamo tutti come il mondo ha saputo immediatamente mettere le mani su un Evento, il Natale di Gesù, facendone occasione di doni senza senso ed affìdando ai 'doni ed agli auguri' quello che possono dare, vanità, cancellando la bellezza del Natale.

Ma se abbiamo fede, non possiamo mettere in secondo piano l'Evento che davvero ha rifatto l'umanità' dopo il peccato originale, colmando la perdita del Padre.

E' troppo grande ciò che Dio ha compiuto con il Natale.

Ci pensiamo davvero cosa significhi che Dio con Gesù, non solo ha aperto con la sua vita e morte le porte della Casa del Padre, ma ha fatto della nostra vita la "Sua casa, giorno e notte".

Era, la nostra vita, una casa senza perché: da quando Gesù è con noi è diventata casa dove Lui chiede di vivere.

Ricordo come da piccolo, quando iniziava l'Avvento, per noi era cominciare a cercare il muschio per fare il presepio. Volevamo in qualche modo che l'Avvento fosse così preparazione ad accogliere COLUI CHE E' LA SOLA RAGIONE DELLA NOSTRA VITA.

C'era una attesa particolare per il Natale. Un'attesa giusta, perché il Natale di Gesù ha cambiato letteralmente la nostra storia di figli di Dio.

La storia di tornare ad essere, con il Figlio, figli dello stesso Padre. Non possiamo affidare la gioia del Natale ad 'altrò - che dipinge a suo modo e vive a suo modo il natale - che non sia Gesù, Figlio di Dio, Dio per sempre tra noi.

E' allora necessario che riusciamo, in questo tempo particolare di Avvento, a far posto all'attesa del grande Evento, che è la vera festa, perché è il Natale di Gesù.

Il resto può essere decoro, modo di esprimere che siamo con Gesù ridiventati famiglia di Dio, ma il decoro, la, festa esteriore, non deve cancellare l'essenziale. Ci avverte il Vangelo:

"Gesù disse ai suoi discepoli: 'State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. E' come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la sua casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare.

Vigilate, dunque, perché non sapete quando il padrone di casa tornerà, se alla sera, o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate". (Mc. 13,33-37)

Dobbiamo avere paura o vestirsi delle vesti dell'attesa?

Così Tonino Bello scriveva la non paura:

"Alzatevi e levate il capo" sono i due verbi dell'Avvento. Sono le due luci che ci devono accompagnare nel cammino che porta al Natale.

'Alzati' significa credere che il Signore è venuto sulla terra duemila anni fa per aiutarci a vincere la rassegnazione. "Alzarsi" significa riconoscere che se le nostre braccia si sono fatte troppo corte per abbracciare tutta intera la speranza del mondo, il Signore ci dona le sue.

"Alzarsi", allargare lo spessore della speranza, puntando lo sguardo verso il futuro, da dove un giorno il Signore verrà nella gloria per portare a compimento la sua opera di salvezza.

E levare il capo cosa significa? Fare un colpo di testa. Reagire. Muoversi. Essere convinti che il Signore viene ogni giorno, ogni momento, della nostra storia. Viene come ospite velato, e quindi bisogna saperlo riconoscere, ora nei poveri, nei sofferenti, negli ultimi. Significa, in definitiva, allargare lo spessore della carità."

E allora non ci resta che andare incontro al Natale con la speranza dei pastori, degli umili.

Questo tempo di Avvento è davvero una occasione per misurare quanto conta la presenza di Gesù tra di noi. Auguro che occupi il primo posto, perché Lui solo può dare quella gioia che cantarono gli angeli sul luogo della Sua nascita.

Auguro a tutti voi che con me viviate davvero con fede profonda, speranza certa e carità universale, questo tempo di Avvento, come manifestazione di quanto conta Gesù nella nostra vita.

Buon Avvento!