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Omelia della XXII domencia per anno B, 30_08_2015 La Gloria di Dio è l'uomo vivente

di Don Ferdinando Colombo

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.

Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».

Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:

“Questo popolo mi onora con le labbra,

ma il suo cuore è lontano da me.

Invano mi rendono culto,

insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.

Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Abbiamo sentito un brano del Santo Vangelo che esige alcune spiegazioni per capire qual'è l'intenzione di Gesù nel rompere con molta forza una tradizione secolare che usavano gli ebrei.

Io direi che la frase da prendere subito in considerazione è l'accusa che i farisei fanno a Gesù "i tuoi apostoli (quindi vuol dire che li hai educati tu!) prendono il pane con mani impure".

Ecco il pane ci richiama il tema che abbiamo meditato per cinque domeniche.

Il pane è certo quello che mangi a tavola, ma il pane è il simbolo vivente della persona di Gesù vivo in mezzo a noi.

Nelle domeniche precedenti abbiamo proprio sentito Gesù sottolinearlo "Io sono il Pane della Vita, chi mangia questo Pane vivrà in eterno". Non ci ha detto chi fa la comunione vivrà in eterno, ma chi si nutre di Lui, chi assimila la Sua presenza, chi trasforma la propria vita come la Sua.

I farisei guardavano il gesto esteriore, toccare il pane con delle mani impure: cosa vuol dire impure. Ecco, allora, una piccola nota di tipo culturale: Per gli ebrei c'era un'igiene personale su cui non si discuteva, ma poi superato quel livello, bisognava fare delle ritualità. Faccio un esempio molto concreto: bisognava prendere un recipiente con dell'acqua, versarla con la mano destra sulla mano sinistra, poi con la mano sinistra sulla mano destra e, la cosa più complicata, con un certo tipo di acqua che non doveva essere quella che viene da un ruscello, ma doveva essere il frutto del lavoro dell'uomo.

Allora tante cose che diventavano un appesantimento terribile per cui il culto di Dio si riduceva a delle formalità esteriori.

Vi faccio degli esempi che ci sono anche da noi. Questa mattina ho iniziato la Messa dicendo:  Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Dal tono di voce molte persone hanno detto le stesse parole, hanno fatto lo stesso segno...  come un segno scaramantico.

Io a volte osservo le persone che magari entrano in Chiesa e c'è quella genuflessione, è difficile dire che sia una genuflessione, un mezzo piegamento del ginocchio, una specie di inchino, cioè, ognuno di noi ha delle formalità esterne di tipo tradizionale a cui non diamo più importanza, diventano dei riti. Lo si fa perché lo si fa e siamo abituati a farlo, addirittura c'è qualcuno che non mangia a tavola se sono in tredici, non veste con certe cose se vuole raggiungere un certo scopo, vediamo dei giocatori in campo che prima di tirare il calcio fanno il segno di croce, oppure che baciano medagliette. Sono ritualità che rischiano di diventare esteriorità.

Ai tempi di Gesù ce n'era una quantità enorme, allora qui dobbiamo subito percepire una cosa molto bella, capire cosa sta facendo Cristo: sta rompendo con la visione vecchia del rapporto con Dio e proponendo un nuovo modo di rapportarci con Dio.

Allora la domanda viene subito ribaltata su di noi: che idea di Dio abbiamo, è un Dio padrone? allora io mi comporto da schiavo, pauroso, striscio cercando magari di imbrogliarlo un po', che non vede tutto quello che faccio e poi magari ho talmente paura che pago dei tributi e faccio delle cose come se dovessi pagare delle tasse al Signore.

E non mi interessa quello che dice la Parola di Dio nella Messa, ma vado a Messa perché se no chissà cosa succede. Sono qui fisicamente e la mia testa intanto però macchina tante altre cose, però sono andato, però ho fatto il segno di croce, però...  Capite se Dio è un padrone e io sono uno schiavo vengono giustificati anche certi modi di pregare, direi, che moltiplicano le parole, quasi estenuanti, dove, però il cuore non c'è.

Sono parole di Gesù: quando pregate non mortificate le parole, ma entrate nel segreto della vostra camera e parlate con Dio che è vostro padre. Allora qual è l'idea che ho di Dio, che relazione ho con Lui, è una relazione di paura?

Quante volte le persone escono in questa espressione: " mi chiedono come sto"  e io dico: "sto bene perché vado verso il paradiso, ho la meta sicura, conosco la strada quindi sono sereno e tranquillo". Mi guardano come dire: ma tu sei matto, chi sa se vai in paradiso, io non sono sicuro di niente. Ma che Dio hai tu? Hai un Dio che non ha dato la vita per te? Che non ha creato il mondo per te? Che non ti ha chiamato all'esistenza fin dall'eternità e che ti vuole abbracciare con amore, tenere con sé per sempre? Perché vivi nella paura?

 Allora capite che Gesù, in questo brano di Vangelo, sta prendendo le distanze da un Dio che non è il suo papà, il Dio Padre che Lui è venuto ad annunciarci. Il volto di Dio è il volto di Cristo, è il volto della misericordia, è il volto di chi dà la propria vita per gli altri.

Lui è il Pane che si fa mangiare, - vedete che bello, - si fa assimilare da noi sperando che, se pur lentamente, anche noi ci trasformiamo in Lui, che diventiamo capaci come Lui di dare la nostra vita per i fratelli.

Allora a questo punto, dopo avere aperto questa prospettiva, Gesù dice delle frasi molto precise, la prima: "ipocriti". La parola ipocrita, soprattutto nel termine usato da Gesù, vuol dire "attore". L'attore è quella persona che anche adesso recita una parte che non è la sua vita, magari fa l'operaio di un'impresa qui vicino però in teatro fa il re, oppure altre parti, addirittura  ai suoi tempi mettevano una maschera. L'attore si presentava in scena con una maschera che doveva già esprimere se era buono, se era cattivo, se era ricco, se era povero. E quindi era chiaro che era una finzione, era una commedia.

Allora Gesù quando dice "ipocriti" sta dicendo "quando voi parlate con Dio siete dei commedianti, fate la commedia, fate finta di essere buoni, dite le parole, fate i buoni, dite le preghiere, andate

a Messa la domenica, fate il segno della croce, ... aggiungete tutte le cose che facciamo.

MA IL CUORE DOV'È? È vera quella cosa che facciamo o è una maschera? Stai davvero in relazione d'amore con il Signore o la tua vita è tutta un'altra cosa?

Ma dai, alla domenica andiamo a Messa, diciamo una preghiera, prima di mangiare ricordiamoci di ringraziare il Signore, facciamo una preghiera insieme e poi ... mi abbuffo senza limiti e senza freni e dimenticando tutte le persone che non riescono neanche a sopravvivere per la fame che hanno.

Allora Gesù dice "questa è una commedia", Dio non vuole commedie.

Capite la durezza di quella parola "ipocriti".

Ipocrisia è non essere veri, non essere quello che davvero il Signore vede che noi siamo e lo vede con amore, perché se c'è qualcuno che conosce la nostra vita in tutte le sue profondità e che ama questa nostra vita è proprio Lui che non ha bisogno che noi ci nascondiamo dietro giustificazioni inutili, vuole la verità dalla nostra vita.

Allora qui viene l'altro aspetto: che cos'è puro e che cos'è impuro. Notate nella parola puro o impuro usata da Gesù in tutto in Vangelo non c'entra niente la sessualità, non ha niente a che vedere. Noi l'abbiamo legata quasi esclusivamente a quello.

Quando voi nel Vangelo sentite la parola "puro" vuol dire "in relazione di vita con Dio", "una cosa che dà senso al tuo vivere e ti mette in rapporto con Dio"; "impuro" è tutto quello che ci allontana da Dio e che distrugge la tua vita.

Allora la grande domanda per gli ebrei era: cos'è puro e cos'è impuro?

Allora inventarono che bisogna lavarsi le mani, lavarsi i piedi, fare delle strane manifestazioni, e Gesù dice: "tutte queste cose sono perfettamente inutili, che conta è il cuore, solo il cuore, la verità della tua vita, dove la parola cuore non è sentimentalismo, è il centro decisionale da cui partono le tue decisioni, dove tu dici chi vuoi essere.

Guardate che anche questo è importante, perché a volte esternamente noi siamo magari delle persone a modo che diciamo delle cose dette bene, ma nel cuore magari stiamo odiando, invidiando, calunniando... e Gesù ci chiede la verità di quello che è il nostro vivere, quello che davvero vogliamo essere. E allora Gesù fa una prima applicazione molto concreta: "non c'è nulla delle cose create che sia cattiva".

La carne di maiale gli ebrei non possono mangiarla, i musulmani non possono mangiarla. Ancora adesso gli ebrei osservanti se un cibo è stato confezionato nel giorno di sabato, che è il giorno del riposo, loro non lo mangiano, non è kosher, cioè non è puro.

Allora capite che Gesù, invece, in quel momento dice: "è una stupidaggine pensare che una cosa in sé sia cattiva; tutto il creato è buono, la persona umana è buona, l'uomo, la donna sono buoni, la sessualità è un dono grandissimo del Signore, è buona.

Il problema è come usi tutte queste cose, come usi i beni creati, quali intenzioni hai nell'usarli, come usi la tua sessualità, come usi i tuoi soldi, come usi il tuo tempo.

E allora Gesù riporta la purità o l'impurità, cioè la validità di una scelta, non a qualcosa di esterno per cui io sono schiavo, sono nato qui, questa è una razza maledetta, questa è una terra che non è santa. Le terre sono tutte benedette, le razze sono tutte benedette, non c'è nulla di male nelle cose in sé stesse, è solo l'uomo col suo cuore che può decidere se usarle come qualcosa che davvero crea la vita o la distrugge.

Allora, tirando una conclusione, mi pare che il Vangelo di oggi ci dica che il sogno di Dio per ciascuno di noi è

«che noi ci sediamo a tavola con Lui a mangiare il Suo Pane, che possiamo davvero sentirci in armonia con tutte le cose create, che possiamo sentirci fiduciosi, affidati, abbandonati con gioia alle braccia del Signore che ci ama e condividere con Lui tutti quei doni che ci dà: il Suo Pane, il creato, l'amicizia, l'amore, la vita, tutto benedetto da Lui da accogliere con fede, con amore e, riconoscenti, viverlo nel profondo come lo vive Lui».

 E allora, immediatamente, il problema si ribalta sui nostri comportamenti e dice "se tu ti siedi allora mia tavola e mangi questo mio Pane d'amore, come ti comporti poi con i tuoi fratelli? E allora è bellissimo scoprire che il culto di Dio non è venire in chiesa a pregare, il culto di Dio è amare i fratelli.

Saremo giudicati esclusivamente non sulle preghiere che abbiamo detto, non sulle quantità di Messe che abbiamo ascoltato, ma saremo giudicati se, avendo ascoltato la Messa, se avendo pregato, se essendoci nutriti di questo Pane Eucaristico, abbiamo fatto in modo che la nostra vita fosse pane buono per tutte le persone che sono con noi, se avremo dato anche noi la nostra vita per i fratelli.

E sarà tutto puro quello noi facciamo per amore e per costruire la vita dei fratelli in relazione d'amore con noi e sarà tutto impuro tutto quello che faremo invece per cattiveria, egoismo, accumulo, ingordigia, invidia, gelosia e allora Gesù fa l'elenco.

 Io adesso non ho il tempo, ma sarebbe bello, a una a una, guardare le dodici parole che Gesù ha messo: dodici peccati, sei al plurale e sei al singolare. Guardate che non sono cose casuali, sono cose che l'evangelista ha pensato quando le scriveva, con molta precisione.

E se guardate, sono tutti rapporti con gli altri, non ce n'è neanche uno che riguardi il mio rapporto con Dio.

Ma perché il rapporto con Dio è già deciso, è amore, è Lui che mi ama, l'amore nasce da Lui non da me, Lui mi riempie d'amore, Lui m'invita alla Sua tavola ed a quel punto mi dice: non essere ipocrita e se sei seduto alla mia tavola accogli a questa tavola tutti i tuoi fratelli e sorelle, amali come li amo io, dai la tua vita per loro e allora vedete, tutti i peccati che Lui enumera sono aggressioni contro la vita di un fratello.

Allora chiediamo al Signore, davvero, in questo momento, di aiutarci a entrare nella sua mentalità, a svecchiarci, a non essere ipocriti, a tirar via tutte queste vecchie strutture e a renderci conto di questa bella frase che io vi lascio come sintesi: la prendo dalla Sacra Scrittura che dice "la Gloria di Dio è l'uomo vivente" cioè se Dio vuole qualche cosa vuole che l'uomo raggiunga la pienezza della sua vita, certamente non di una vita solo materiale, ma dalla vita! Della vita eterna, dalla vita per sempre, della vita nell'amore.

 

«Signore dammi davvero questa convinzione profonda che, per amare Te devo amare i miei fratelli, che la Tua gioia è vedere quanto noi ci amiamo fra di noi, che la pienezza della realizzazione è quella di diventare fratelli gli uni con gli altri come Tu sei diventato fratello per  ciascuno di noi».

 

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