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Primo venerdì del mese: La Riparazione

Preghiamo: 

Vengo a Te, mio Gesù, con tanti peccati e tanti difetti. Tutto mi hai perdonato nel sacramento della Confessione, ma io mi sento ancora debitore di tanto amore di riparazione: amore che cancelli ogni traccia del mio peccato, prima dentro di me, e poi nella Chiesa, mia madre spirituale, che ho danneggiato col mio peccato diminuendo in essa l'amore al Tuo Regno. Per questa riparazione Ti offro il Tuo stesso Corpo immolato e il Tuo sangue versato per la salvezza di molti.

Anche se molto indegnamente Ti offro, in unione con il Tuo divino sacrificio, la rinuncia ad ogni soddisfazione illecita, Ti offro ogni sacrificio richiesto dalla fedeltà ai doveri che ho verso la mia famiglia, i sacrifici richiesti dal mio lavoro di ogni giorno; Ti offro tutte le mie sofferenze fisiche e morali, affinché le coscienze intorpidite, le famiglie malate e sconvolte, i cuori troppo tiepidi ritrovino la via della fede, la luminosità della speranza, l'ardore fecondo della carità. E Tu, mio Gesù

Eucaristico, vieni a me con il Tuo Santo Spirito, Consolatore Perfetto. Illumina la mia mente, infiamma il mio cuore, affinché possa amarti con tutte le mie forze al di sopra di ogni cosa e riparare così i peccati miei e quelli di tutto il mondo. Concedimi di saperti fare amare anche da tutti i miei cari, fin che un giorno ci riunirai tutti nel Tuo Regno eterno per godere della Tua misericordia nella felicità che non ha fine.

 
Riflettiamo:

Lasciamoci guidare dal versetto 6 del Salmo 50 che dice: « Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto ».

La prima cosa che notiamo in queste parole è che siamo di fronte ad un movimento dialogico. Qui non c'è autocritica: ho fatto male, ho fatto ciò che non dovevo, ho sbagliato.
Siamo piuttosto in un dialogo intimo e personale: ho fatto ciò che ai tuoi occhi è male. Non ho fatto male soltanto contro la tua legge ma quello che è male « ai tuoi occhi».
L'ambito non è di un solipsismo accusatorio, di un autolesionismo chiuso in se stesso: l'ambito è di un dialogo filiale con Colui che mi ama.
E tuttavia il dialogo appare generico. Ci sembra generico come generiche sono altre espressioni del Salmo: Riconosco la mia colpa (quale colpa?); il mio peccato mi sta sempre dinanzi (quale peccato?); contro di te, contro te solo ho peccato.
Il Miserere, stranamente, non specifica la realtà della colpa e del peccato e suscita in noi la domanda: è necessario, è utile andare più in là?
Non potremmo fermarci a questa dichiarazione generica che è, in fondo, anche quella del pubblicano del Vangelo: « Dio, abbi pietà di me peccatore! »?


L'esame di coscienza:

Mettersi di fronte alla Parola di Dio non come quadro etico di riferimento, ma come Parola che interpella, che rimprovera con quella forza d'amore che le è propria per fare emergere la scintilla della salvezza e la possibilità del perdono.

Il contenuto dell'accusa non è un cercare a tastoni qua e là qualcosa da dire, non è il faticare nel dire, non si sa come, qualcosa che abbiamo dentro: è un rispondere all'interpellanza della Parola di Dio che ci illumina e ci rimprovera.
Lasciandoci interpellare e rimproverare dalla Parola noi ci mettiamo nella condizione umile, semplice e chiara di confessare: Sì, è vero, questo l'ho fatto, Signore: hai ragione, ma tu crea in me un cuore nuovo!
Questo non vuole evidentemente dire che l'accusa dialogica debba sempre riferirsi materialmente a una parola del Vangelo.
È una risposta a Dio che si rivolge a noi con amore e con forza.
Dio ci ama e per questo non ci blandisce, non ci lusinga con parole vane o vanamente consolatorie, ma ci interpella con la forza della Scrittura, del magistero della Chiesa, della parola di coloro che ci amano e ci parlano a nome di Dio.

Il processo che cambia l'uomo in verità non è un giostrare con peccati fittizi o con atteggiamenti imprendibili: è un metterci nel quadro dell'Alleanza e riconoscere che l'Alleanza, come interpellanza di Dio, ci trova spesso mancanti in questo dialogo di amore e richiede un dialogo di pentimento e di riconciliazione.