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La voce dei lettori

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Non rubare

Anna S. - Medicina

Vorrei mettere in comune con voi alcune riflessioni fatte sulle tante ruberie che al giorno d'oggi vengono fatte e che suscitano sgomento.

Non rubare.

Tutte le indicazioni pedagogiche che iniziano con una negazione generalmente ci indispongono. Spesso vengono lette come la negazione della propria indipendenza e lesive del diritto individuale ad essere liberi. La libertà infatti potrebbe, e di fatto spesso viene interpretata in modo errato: "sono libero se posso fare tutto quello che voglio". Potrebbe invece essere più proficuamente letta come la non dipendenza dai propri limiti e legami che sempre riducono la possibilità di essere veramente sé stessi e quindi liberi. Tutto ciò che è dipendenza (dal denaro, dal potere, da una sostanza, da un comportamento o da una persona) riduce l'espressione della mia unicità. Per bisogno o per comodità, accetto di appoggiarmi ad un aiuto esterno e chiedo che svolga le mie veci.

Il libro dell'Esodo è il libro dell'uscita. Dello "Spostamento definitivo di una massa o di un gruppo di persone" da un posto ad un altro (Cfr Dizionario Sabatini Coletti). Il cambiamento da una condizione ad un'altra (questa liberazione è ricordata nel rito del Pesach (=passaggio), la Pasqua ebraica). I comandamenti quindi potrebbero essere letti come opportunità per poter raggiungere libertà maggiori; indicazioni e "cartelli stradali" o in lettura più moderna, navigatori satellitari, che aiutano a trovare prima e meglio la propria strada.

Nello specifico non rubare mi fa riflettere sulla indelebile responsabilità di costruire da sé ogni cambiamento, conquista o realizzazione personale. Si può infatti rubare un'idea spacciandola per propria. Rubare tempo alle persone o al proprio lavoro o alla propria famiglia, sfuggendo così alle nostre responsabilità. È possibile rubare oggetti e denaro, evitando quindi di faticare per ottenerli partendo dal proprio sacrificio. Si può rubare la fiducia di una persona, quando evitiamo di essere autentici.

Credo però che il furto più grande e indegno riguardi la speranza. Rubare la speranza significa togliere all'altro ogni possibilità di fiducia: nel futuro, nelle persone ed in definitiva in sé stessi. Quando ad un figlio ad un coniuge lasciamo intendere che "non cambierà mai", "che sei uguale a qualcun altro", "che questa certa cosa non ti verrà mai bene", "che un lavoro non lo troverai mai" e così via stiamo rubandogli la speranza di cambiare o gli estorciamo il diritto, negandolo, di essere sé stesso. In questi e numerosi altri casi si è ladri e si lede in modo a volte irrecuperabile la "proprietà" altrui. Infatti un figlio non mi appartiene, un coniuge non è mio e su di essi non posso mai esercitare diritti di proprietà. Quando invece me ne impossesso, "lo rubo" lo "oggettifico", lo trasformo cioè in una cosa e ne consegue facilmente il pensiero di poterlo cambiare, manipolare e dirigere a mio piacere. "La verità che ci renderà liberi" implica l'idea profonda che nessuno può limitare, cambiare o sostituirsi all'individuazione dell'altro alla Verità dell'altro. Quando questo accade è un furto che lega imprigiona e limita soprattutto il "ladro".

Anna S.