Share |

La voce dei lettori

torna all'elenco

29/01/2014Vita di Don Bosco ... in versi

Stefano Lodi - Varese

  Un grande Santo oggi vi presento.
Giovanni Bosco nasce piemontese
nell’anno Quindici dell’Ottocento,

  è Castelnuovo d’Asti il suo paese.
Nemmeno due anni dopo, dalla vita
la morte suo papà Francesco prese;

  rimase con la mamma Margherita,
la nonna e tre fratelli, in gran tormento;
la marcia sua partiva già in salita.

  A nove anni giunto pur a stento,
un sogno strano fece, ed ho bisogno
di raccontarlo, e quindi adesso tento

  di fargli raccontare questo sogno.
“Vicino a casa c’erano ragazzi,
di dir le cui parole mi vergogno;

  a pugni chiusi scendo tra quei pazzi
e cerco il turpiloquio di cessare,
ma poco manca che uno non mi ammazzi;

  quand’ecco poco innanzi mi compare
un uomo dalla candida vestaglia,
e il volto suo mi viene ad inondare

  di luce tanto forte che m’abbaglia;
mi chiama col mio nome, e poi mi dice
che chi coi pugni cerca amici sbaglia,

  invece si può essere felice
con carità e bontà tra tanta gente;
e sbaglia chi il Signore maledice,

  perché il Signore tutto quanto sente,
e non potrà contarlo come amico.
Mi parla, e non capisco quasi niente,

  e l’ignoranza mia profonda dico.
Intanto tutti tacciono, estasiati
dal dire di quell’uomo, saggio antico.

  Io solo parlo in mezzo ai convitati,
e chiedo il nome all’uomo luminoso
dal quale siamo tutti conquistati;

  all’uomo chiedere il suo nome oso,
perché mi spieghi chiaramente come
potrei insegnare il dire suo prezioso:

  e l’uomo non risponde col suo nome,
ma dice che la scienza e l’obbedienza
potranno far le mie domande dome.

  Domando come giungere alla scienza,
poiché non ho maestra né insegnante.
Mi dice per placar la mia impazienza

  che non mi lascerà così ignorante,
ma che mi mostrerà la sua maestra;
e infatti, dopo appena qualche istante,

  compare una signora alla sua destra,
dal manto trapuntato di ogni stella,
con voce melodiosa più che orchestra.

  La donna tanto buona quanto bella
mi prende gentilmente per la mano,
e dice «Guarda» con amore quella;

  mi volto e, per un qualche fatto strano,
non vedo più ragazzi, ma animali,
non vedo più la traccia di un umano.

  Mi dice: «Nel tuo tempo tra i mortali
lavorerai su questo grande campo;
crescendo, avrai valori naturali,

  e dei miei figli tu sarai lo stampo,
li crescerai tuoi simili, a te accanto»;
e gli animali mutano in un lampo

  in agnellini, all’uomo e a questa accanto,
e giocano, felici più che mai;
io invece non capisco, e scoppio in pianto.

  La donna allora dice: «Tu non sai
che cosa voglia dire tutto questo,
ma quando verrà il giorno capirai. »

  Ciò detto, per un suono venni desto,
e ancora nelle mani avevo male,
e pure il volto mi sentivo pesto.

  A tutti ho raccontato, è naturale,
il sogno per avere un’opinione
da chi per me nel mondo tutto vale:

  un mio fratello fu dell’opinione
che un giorno forse fatto avrei il pastore;
mia madre, stando in quella direzione,

  mi vide delle anime pastore,
un prete, per i giorni a me davanti;
un altro dei fratelli miei, il maggiore,

  mi vide invece capo di briganti;
la nonna, con saggezza, disse invece
di non dar retta ai sogni tutti quanti.”

  Così fu il sogno che Giovanni fece;
non gli credette, ma gli restò in testa,
e ritornava al dire qualche prece.

  La madre nell’intuito fu più presta:
infatti, poi Giovanni fu scolaro,
con patimenti e non facendo festa,

  e continuò gli studi in modo raro,
sorretto dalla mamma, e in modo vario
da amici ai quali lui divenne caro;

  e nonostante tutto il suo calvario,
la volontà fu tanto buona e forte
che entrò, ventenne, a Chieri in seminario.

  Studente entrò per quelle sacre porte,
di tutto apprese, bene e con fervore;
sei anni dopo, prete osò la sorte.

  Andò a Torino, l’anno del Signore
è il Quarantuno; don Giovanni Cocchi
lì già il suo impegno dava e il suo valore

  per aiutare non ragazzi sciocchi
ma disagiati, quelli per le strade,
che certo mai conobbero balocchi.

  Tra questi c’è chi presto morto cade,
e spesso c’è chi capita in galera
e a lungo ci rimane oppure evade.

  Don Bosco tra i ragazzi scende, e spera
di radunare alcuni ex carcerati,
per dare loro un’esistenza vera.

  Ascolta, e dona pace ai disperati,
e semina in un campo quasi secco
perché fiorisca come i verdi prati.

  Arriva l’otto di dicembre, ed ecco
Bartolomeo Garelli in San Francesco:
il primo che col buon Don Bosco becco,

  il primo a stargli accanto presso il desco,
il primo a uscire dagli ambienti abietti
per ritornare in fiore come un pesco.

  La sera stessa, arrivano i Buzzetti,
fratelli da Caronno Varesino;
in qualche giorno, altri “maledetti”

  del buon Don Bosco incrociano il destino,
poi preti, ed anche giovani istruiti
lo aiutano seguendo il suo cammino.

  Tra tutti, giusto credo sia che citi
Giuseppe, l’ultimo Buzzetti, sceso
in primavera coi fratelli incliti;

  costui trovò in don Bosco affetto acceso,
sicché si fece anch’egli sacerdote,
con lui di tanti sforzi spartì il peso.

  Una dozzina d’anni via si scuote,
è già il Cinquantaquattro: noi lontani
viaggiamo da questi anni, a quattro ruote,

  ma allora sono nati i Salesiani;
dieci anni dopo, in terra fu deposta
la prima pietra da sapienti mani

  di un luogo che a don Bosco ben s’accosta:
Santuario di Maria Ausiliatrice;
e l’opera procede senza sosta,

  e nel Settantadue così felice
fondò con una Santa l’Istituto,
le Figlie di Maria Ausiliatrice.

  Si fa il Settantacinque in un minuto,
ma l’opera a finir non s’avvicina:
agli emigranti vuole dare aiuto,

  precisamente a quelli in Argentina;
e l’undici novembre una missione
si appronta e parte, semplice e divina.

  Un anno dopo, un gruppo di persone
ancora va in quel vasto territorio,
e si diffonde in ogni direzione.

  Francesco, il nostro Papa, è ben notorio,
da quelle terre viene, dove è forte
ancor dei Salesiani l’Oratorio.

  Nemmeno lui può vincere la sorte,
trentun gennaio, l’anno è l’Ottantotto,
e per don Bosco è il giorno della morte.

  Ma un uomo tanto buono e tanto dotto
può cogliere venerazione e gloria,
non solamente il piangere a dirotto:

  per lui non è la fine della storia,
e grazie a chi vicino a lui si muove
per lui la morte non avrà vittoria;

  nel Millenovecentoventinove,
infatti, con il nono papa Pio,
Beato fu; ma poi, con varie prove

  di suoi miracoli, ci credo anch’io,
nel Trentaquattro venne fatto Santo,
persona sulla Terra grata a Dio.

Così, vi ho raccontato tutto quanto.