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Il Santo del giorno

 

Marzo 2024

31 Luglio

Nome: IGNAZIO

S. IGNAZIO di LOYOLA
Sacerdote (1491-1556)

 

Inigo (= Ignazio) di Loyola era l’ultimo nato di una nobile famiglia basca nei pressi di Azpeitia; era l’anno 1491. Si arruolò, ventenne, nell’esercito dell’Imperatore Carlo V, diventando subito un soldato valorosissimo e presto ufficiale brillante; partecipò alla battaglia di Pamplona, dove, un colpo di archibugio, lo ferì gravemente a una gamba e quando si arrese i soldati francesi gli resero gli onori militari, riconoscendone il valore. La convalescenza fu assai lunga. Per diminuire la noia, non trovando letture su cavalieri, armi e dame, accettò di leggere una Vita di Gesù e La legenda aurea di Jacopo da Varazze. Ne fu conquistato per sempre, così decise di cambiare vita, mettendosi a servizio totale di un altro Re: Gesù stesso, diventando il suo “soldato” più appassionato. Ai piedi della Madonna, nel santuario di Montserrat, depose le armi. Nella grotta di Manresa, lesse il Vangelo e l’Imitazione di Cristo, ebbe da Dio tutta la luce per compiere la sua futura missione. Intraprese gli studi ad Alcalà e a Salamanca, li continuò all’Università di Parigi, dove ottenne il titolo di dottore in teologia e diede inizio a una singolare “armata”, la Compagnia di Gesù, per conquistare le anime a Cristo, nelle scuole, nelle università, nelle missioni, nella lotta contro l’eresia dilagante del protestantesimo, nella difesa della Chiesa. Ignazio fu presto ordinato sacerdote e, dopo di lui, i primi amici che aveva arruolato nella sua “milizia”. Era nato un nuovo e forte ordine religioso nella Chiesa: i Gesuiti. A Roma, Ignazio volle consegnare se stesso e i suoi “soldati” al Papa Paolo III, con il giuramento che il Vicario di Cristo avrebbe potuto contare su di loro per la diffusione e il servizio della Verità. Per la formazione delle anime, egli scrisse il libro degli “Esercizi spirituali”, che è il testo-base di santificazione non solo per i suoi, ma per un numero incalcolabile di credenti, lungo la storia fino ad oggi: il centro, l’amore unico della sua vita e della sua opera è Gesù Cristo; il fine ultimo, la maggior gloria di Dio. Ignazio morì a Roma il 31 luglio 1556, dopo aver chiesto la benedizione al Santo Padre e invocando il nome di Gesù.

31 Luglio

Nome: FABIO

S. FABIO
Martire (IV sec.)

 

Fabio era cristiano, ma era anche soldato dell’esercito imperiale. Fino a che punto i suoi doveri di milite erano compatibili con la sua dignità di cristiano? Era un problema che si presentava assai spesso, nei primi secoli dell’era cristiana, soprattutto in tempo di persecuzione quando ai soldati veniva imposto di sacrificare agli idoli. Questo poteva esser fatto singolarmente, oppure in massa; per propiziare le divinità pagane in vista di una azione militare. Ma i doveri dei militi non comprendevano la idolatria né tanto peggio il rinnegamento della fede. Si vedeva-no allora legionari di ferrea disciplina e veterani di provata dedi-zione, non obbedire agli ordini. A volte invece, rifiutavano di eseguire ordini di condanna e di persecuzione contro i confratelli. Ma il caso di San Fabio, soldato cristiano nella Mauretania, in Africa, è forse unico. In occasione di un concilio militare, venne organizzata una parata di legionari. Fabio ebbe l’incarico di portare le insegne della legione. Era un incarico onorifico, perché le insegne erano la gloria e il vanto della legione, e i vessillieri venivano scelti tra i soldati più valorosi. Ma Fabio, come cristiano, rifiutò di farsi portatore di quelle insegne. Forse le vide, non a torto, più simili ad idoli che a vessilli. Oltretutto su quelle insegne erano raffigurati gli imperatori Diocleziano e Massimiano, i quali in quei primi anni del IV secolo, perseguitavano duramente i Cristiani.
Ed era proprio alle immagini divinizzate degli Imperatori che i Cristiani erano costretti a compiere atto di omaggio. Per evitare qualsiasi sospetto di idolatrico omaggio, Fabio non volle innalzare le sfavillanti insegne della Legione. Per quel rifiuto venne messo in prigione, e dopo qualche giorno condotto in tribunale. Fu interrogato due volte e il giudice tentò di far passare il suo gesto come un puro atto di indisciplina. Il soldato invece proclamò la sua fede di cristiano, rifiutando di apostatare. Gli editti parlavano chiaro. Quel delitto venne punito con la pena capitale, eseguita con la spada a Cesarea di Mauretania

31 Luglio

Nome: GERMANO

S. GERMANO (di AUXERRE)
Vescovo (378-448)

 

Nacque verso il 378 ad Auxerre. I suoi genitori erano proprietari terrieri. Studiò le arti liberali, poi andò a Roma per acquisire la scienza del diritto ed esercitare la professione di avvocato; divenne in seguito governatore di provincia. Alla morte di S. Amatore, vescovo della sua città (1° maggio 418), il clero, la nobiltà e il popolo lo scelsero quale successore. Fu consacrato il 7 luglio seguente. Distribuì i suoi beni ai poveri, si mostrò ospitale, adottò un sistema di vivere umile e mortificato, si comportò con la sua sposa come con una sorella. Fu un grande pastore: ammaestrò i suoi chierici e i suoi monaci e, sin dall’inizio del suo episcopato, sviluppando la vita cenobitica in Gallia, fondò un monastero di uomini sulla riva destra del fiume Yonne. Prese la difesa delle sue pecorelle contro l’eccessivo peso delle imposte, andò incontro al capo degli Alani nella regione di Orléans e lo convinse a trattare, salvando così l’Armorica. Intervenne inoltre attivamente nella vita della Chiesa di Gran Bretagna. Delegato dal Papa S. Celestino I riportò un netto successo sull’eresia pelagiana. Avrebbe pure contribuito alla vittoria dei Brettoni sui Pitti e i Sassoni, facendo loro gridare un alleluia fragoroso, che spaventò gli avversari (Pasqua 430).
La vita di S. Genoveffa racconta come, recandosi Germano fra i Brettoni, suscitò e incoraggiò la vocazione religiosa della giovane. Nel giugno 448, infine, andò alla corte imperiale di Ravenna per perorare la causa dell’Armorica, in conflitto con Ezio, vicario imperiale della Gallia. Morì a Ravenna il 31 luglio 448, fra la venerazione di tutti, specialmente dell’imperatrice madre Galla Placidia e dei vescovi presenti, in particolare S. Pier Crisologo, vescovo di Ravenna. Il suo corpo fu riportato ad Auxerre. Le popolazioni manifestarono al passaggio la loro viva devozione. La tomba divenne immediatamente luogo di pellegrinaggio. Gli Ugonotti profanarono le reliquie durante il sacco di Auxerre (1567), tuttavia ne fu salvata una parte. Centoventi comuni della Francia portano il nome di Saint-Germain.