Quando si parla di Don Bosco, si pensa subito a un prete con il sorriso, circondato da ragazzi vivaci, pronto a fischiare una partita di pallone o a raccontare una storia della Bibbia come fosse un’avventura. Ma dietro quel sorriso c’era un’intuizione che ha cambiato il modo di educare: il Sistema Preventivo. Non un manuale complicato per addetti ai lavori, ma un modo concreto di stare con i ragazzi. E sì, funziona anche a casa.
UNA SERA A VALDOCCO
Una sera, mentre Don Bosco passava tra i cortili dell’oratorio di Valdocco, vide un gruppo di ragazzi fare confusione. Qualcuno urlava, altri litigavano. Chiunque avrebbe potuto reagire con un rimprovero secco. Lui invece si avvicinò, mise una mano sulla spalla di uno dei più agitati e, con calma, disse: “Sei stanco? Hai bisogno di qualcosa?” Il ragazzo lo guardò, sorpreso: nessuno gli aveva mai chiesto come stava. E in quell’istante smise di urlare. Ecco la prima chiave del metodo di Don Bosco: l’attenzione al cuore del ragazzo prima del suo comportamento. Non è ingenuità, è consapevolezza. L’educazione non parte dalla regola, ma dalla relazione.
NON ASPETTARE L’ERRORE PER AGIRE
Don Bosco chiamava il suo metodo “preventivo” perché non voleva correggere dopo, ma agire prima. Non con il controllo ossessivo, ma con una presenza costante, affettuosa e attenta. Una volta disse: “I ragazzi non solo devono essere amati, ma devono sapere di essere amati.” Come si fa? È più semplice di quanto sembri. Si fa stando, ascoltando davvero, anche nei momenti banali della giornata. Si fa parlando con loro, non solo quando c’è un problema. E soprattutto, facendo sentire che l’adulto è dalla loro parte, anche quando li guida a correggersi. In famiglia, questo significa che le regole non bastano da sole. Servono, certo, ma hanno senso solo se i figli sentono che dietro c’è amore, fiducia, e non solo l’ansia di avere tutto sotto controllo.
TRE PILASTRI, MILLE GESTI QUOTIDIANI
Don Bosco fonda tutto su tre parole: ragione, religione e amorevolezza.
- Ragione non vuol dire fare i filosofi, ma aiutare i figli a capire il “perché” delle cose. Un no spiegato bene vale più di cento urla.
- Religione per Don Bosco è la coscienza che c’è un senso più grande nella vita, che Dio ci accompagna. Per chi crede, è importante trasmettere questa fiducia, senza prediche, ma con l’esempio.
- Amorevolezza è il tratto più evidente. Non solo amare, ma far sentire che si ama. È il contrario del “te lo dico per il tuo bene” detto con la voce dura. È lo sguardo, il sorriso, il tono calmo anche nel rimprovero.
Un giorno un ragazzo scappò dall’oratorio. Don Bosco lo inseguì, camminò per chilometri, lo trovò, gli mise una mano sulla spalla e disse solo: “Sei stanco? Vuoi tornare con me?” Quel giovane, commosso, tornò. Anni dopo disse: “Non mi ha convinto con le parole, ma con il suo amore.”
EDUCARE IL CUORE, COME FACEVA GESÙ
Don Bosco imparò da Gesù l’arte di educare il cuore. Anche Gesù non partiva mai dalla legge, ma dallo sguardo. Pensiamo a quando incontra Zaccheo, il pubblicano odiato da tutti: non lo rimprovera, non gli fa la morale. Lo guarda, lo chiama per nome e si invita a casa sua. Solo dopo quel gesto d’amore, Zaccheo cambia vita. Gesù tocca i cuori perché fa sentire le persone amate così come sono, e proprio per questo capaci di cambiare. L’educazione del cuore, per un cristiano, nasce qui: non si forma solo la mente, ma si coltiva la coscienza, si allena l’amore, si insegna a scegliere il bene. E si fa come faceva Gesù: con tenerezza e verità. Anche in famiglia questo è possibile. Un figlio sente che è accolto davvero quando vede che mamma e papà non si aspettano la perfezione, ma camminano con lui, con pazienza, come ha fatto Gesù con i suoi discepoli: giorno dopo giorno, senza scoraggiarsi mai.
IL CLIMA DI CASA CONTA
L’ambiente che si crea in casa è essenziale. Don Bosco diceva che l’oratorio era come “una casa, una scuola, una parrocchia e un cortile”. In casa, questo si traduce in un clima sereno dove si può sbagliare, chiedere scusa, ridere, pregare, lavorare insieme. C’è un’immagine forte nella vita di Don Bosco: la “buonanotte” che dava ogni sera ai suoi ragazzi. Una parola, un racconto, una riflessione breve, ma sempre rivolta al cuore. Non c’erano schermi o distrazioni. C’era un adulto che chiudeva la giornata con dolcezza, quasi sussurrando: “Io ci sono, Dio è con te.” Ecco un gesto che possiamo riscoprire anche oggi. Una frase detta prima che i figli vadano a dormire, non per controllare, ma per accompagnare.
LA FIDUCIA NON È DEBOLEZZA
Don Bosco si fidava dei suoi ragazzi. Anche di quelli più difficili. Non li chiudeva nei castighi, ma apriva loro porte. Diceva: “In ogni giovane c’è un punto accessibile al bene.” Scommettere sul bene, anche quando sembra nascosto, è una sfida quotidiana. Ma è quella che fa crescere i figli in autostima. E li aiuta a diventare adulti forti, non perché sono stati corretti mille volte, ma perché si sono sentiti visti, ascoltati, amati.
CONCLUDENDO
Educare non è mai facile. Ma Don Bosco ci ricorda che non serve essere perfetti, basta esserci con il cuore. Non basta dire “fai il bravo”, ma bisogna chiedersi: “Mi sente vicino? Capisce che mi importa davvero di lui?” In un tempo dove i ritmi sono frenetici e le relazioni si perdono nei silenzi dei telefoni, il metodo di Don Bosco ci invita a riscoprire il potere della presenza, la forza della dolcezza e il coraggio della fiducia.
Perché, come diceva lui, “l’educazione è cosa di cuore. E solo Dio ne è il padrone.” Ma ogni mamma e ogni papà può diventare, ogni giorno, il suo umile collaboratore. Basta cominciare dal cuore.
don Paolo Karol Maria Negrini, sdb
Immagine di copertina: Mario Bogani, Ragione




