Chi siamo

Benvenuto/a in questo sito, gestito dall’Opera Salesiana del Sacro Cuore di Bologna, che vuole aiutarti a stringere una sempre più intima amicizia spirituale con Gesù, Amore Misericordioso, ponendoti sotto la protezione del Suo Sacro Cuore e del Cuore Immacolato di Maria.

Nostro riferimento concreto è il Santuario del Sacro Cuore di Bologna, in via Matteotti 25, affidato alla Comunità salesiana nel 1929, subito dopo il crollo della cupola (21 novembre 1929, ore 12). Voluto dal Card. Svampa e progettato dall’Arch. Edoardo Collamarini (1864-1928), fu eretto a parrocchia il 16 ottobre 1914. La fede e la genialità di don Antonio Gavinelli, che ne fu il primo parroco salesiano dal 1930 al 1964, resero possibile la ricostruzione, l’abbellimento, il decoro, ma soprattutto la diffusione in tutta l’Italia della devozione al Sacro Cuore, incentrata nel Culto Eucaristico.

L’Opera Salesiana del Sacro Cuore nasce nel 1930 con l’operosità di don Antonio Gavinelli che dovendo ricostruire fisicamente la chiesa, costituisce gruppi di zelatori e zelatrici in tutta l’Italia collegandoli e arricchendoli di spiritualità, dapprima con semplici foglietti, poi con la rivista Sacro Cuore, che da 12 anni si presenta con l’aggiunta del titolo VIVERE.

Il quartiere “Bolognina” in cui ci troviamo è situato nell’immediata periferia nord di Bologna, alle spalle della stazione di Bologna Centrale che si può raggiungere attraverso il Ponte di Galliera. Si tratta di un rione storicamente proletario, tradizionalmente di sinistra, famoso soprattutto per la celebre “svolta della Bolognina” dell’allora PCI. Proprio qui è stato collocato un monumento al sacerdote don Antonio Gavinelli, ricostruttore e Parroco del Santuario.

Il memoriale a don Antonio Gavinelli

Don Antonio GavinelliDon Antonio Gavinelli, sacerdote salesiano, ha retto questa parrocchia dal 1930 al 1964, ricostruendo il Santuario dopo il crollo a causa del terremoto nel 1929 e nuovamente dopo le bombe degli alleati destinate alla Stazione FS nel 1944. Fu un coraggioso difensore degli Ebrei, un antifascista che per questo fu mandato al confino; un cittadino attento alle esigenze sociali che lo portarono a costruire un centro giovanile per i maschi, uno per le ragazze, una scuola professionale, sempre nell’attuale Quartiere Navile di Bologna, una struttura per gli orfani a Castel de’ Britti (frazione di San Lazzaro di Savena). Ha abbellito la città nella ricostruzione del Santuario, ma anche con un capolavoro di architettura moderna che è la Parrocchia Don Bosco nel Quartiere Savena di Bologna. Questi brevi richiami ci permettono di valutare lo spessore umano e civile di quest’uomo e il debito di riconoscenza che la cittadinanza di Bologna ha nei suoi confronti. Non stiamo ricordando solo un bravo sacerdote salesiano, ma anche un cittadino esemplare.

Inaugurazione del memoriale don GavinelliIl 1° giugno 2015, festa della Comunità Parrocchiale, il Sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha inaugurato solennemente la Piazzetta Don Antonio Gavinelli, con grande partecipazione di parrocchiani e cittadini. La scultura bronzea, che rappresenta Don Gavinelli seduto su una panchina a grandezza naturale, è del Prof. Luigi Enzo Mattei, scultore di fama mondiale per l’Uomo della Sindone ed altre opere artistiche che sono presenti nei musei di più di 80 Paesi del mondo.

La tradizione bolognese

Il cardinale Domenico Svampa (1851-1907) fu Vescovo a Bologna dal 1894. Raccolse l’appello di papa Leone XIII che aveva consacrato il mondo intero al Sacro Cuore e incaricò l’Arch. Vanvitelli di progettare il Tempio del Sacro Cuore. Posta la prima pietra nel 1901, il tempio fu completato ed aperto al culto il 15 ottobre 1912. Ma il 21 novembre 1929, verso mezzogiorno, la maestosa cupola crollò trascinando giù buona parte delle pareti. Probabilmente il terreno alluvionale su cui era costruita avrebbe richiesto fondamenta più profonde e adeguate. Il cardinale Nasalli Rocca (1872-1952) non ebbe dubbi ed affidò il Santuario ai salesiani, perché lo ricostruissero. Il Rettor maggiore dei Salesiani, don Filippo Rinaldi, chiamò allora don Antonio Gavinelli affidandogli la ricostruzione. Don Gavinelli arrivò a Bologna nel maggio del 1930 e vi rimase per 38 anni, fino alla sua morte nel 1968. A Bologna fece moltissime cose, ma la prima per cui si mise all’opera fu appunto la ricostruzione del Tempio, che venne riaperto il 19 maggio 1935. Nel bombardamento aereo del 25 settembre 1943, durante la seconda guerra mondiale, l’edificio fu gravemente colpito: crollò parte della facciata e della fiancata destra. Don Gavinelli, finita la guerra e rientrando dal confino a cui l’aveva condannato il fascismo, si dedicò nuovamente alla ricostruzione del Santuario. Nella cripta riposano le salme del Card. Domenico Svampa e di don Antonio Gavinelli, che per ben due volte ricostruì il Santuario e propagò la devozione al Sacro Cuore in tutta l’Italia ed anche all’estero.

La tradizione salesiana

San Giovanni BoscoSan Giovanni Bosco, ordinato sacerdote a Torino nel 1841, respirò la spiritualità di San Francesco di Sales e di Santa Margherita Maria Alacoque che andavano diffondendosi proprio in quegli anni e ne sottolineò soprattutto l’aspetto eucaristico. Il 5 aprile 1880 Leone XIII incaricò don Bosco di assumere la responsabilità di un progetto di chiesa dedicata dapprima a San Giuseppe e successivamente al Sacro Cuore, iniziata da Pio IX, specificando di non avere fondi da affidargli: il sacerdote piemontese accettò, ponendo quale unica condizione la possibilità di ampliare il cantiere per affiancare alla costruenda chiesa “un grande ospizio, dove insieme possano essere accolti in convitto, e avviati alle scuole e alle arti e mestieri, tanti poveri giovani, che abbondano, specialmente in quel quartiere” (G. B. Lemoyne, “Vita del Venerabile Servo di Dio Giovanni Bosco”, vol 2). Per questa ragione venne acquistato un terreno limitrofo di 5.500 metri quadrati. L’edificazione della chiesa costò enormi fatiche e sacrifici a don Bosco ormai anziano. All’inizio del 1887 la struttura era ormai ultimata ed erano in corso i lavori di finitura interna. Il 20 aprile 1887 don Bosco compì il suo ultimo viaggio da Torino a Roma: incontrò nuovamente papa Leone XIII, che lo elogiò per l’impresa compiuta e lo rincuorò con affetto. Il 14 maggio 1887 la Chiesa del Sacro Cuore al Castro Pretorio venne solennemente consacrata per mano del cardinale vicario Parocchi, alla presenza di numerose autorità civili e religiose. Il 16 maggio 1887 don Bosco stesso celebrò Messa all’altare di Maria Ausiliatrice: sarà la sua unica celebrazione nella chiesa del Sacro Cuore e, come ricorda la lapide apposta nel centenario dell’evento, fu interrotta quindici volte dai singhiozzi dell’anziano sacerdote, scosso dalla visione del suo celebre “sogno dei 9 anni” di cui in quel momento gli si svelava con pienezza il senso, e con esso quello della sua lunga missione terrena. Nel 1921, papa Benedetto XV dichiarò il Tempio del Sacro Cuore Basilica Minore.

Beato Michele RuaIl Beato don Michele Rua (1837-1910), primo successore di Don Bosco, non fu da meno, rispetto al suo maestro, nella devozione al Sacro Cuore. Si può dire che ne raccolse l’eredità e la fece fruttare, consacrando la Congregazione Salesiana al Sacro Cuore il 31 dicembre 1899 e, in quell’occasione, fece giungere a tutte le case salesiane una “istruzione” inserendo nelle devozioni quotidiane dei salesiani, una preghiera ad Esso rivolta, per impetrare sante vocazioni. Mise in rilievo la sua importanza specialmente per le case di formazione, e chiese che i noviziati fossero dedicati al Sacro Cuore. E in più ricordava che: “Don Bosco soleva presentare ai giovani il Cuore Sacratissimo di Gesù vivente nella Santa Eucaristia, considerando per loro più efficace questo modo di presentare la devozione. Con il suo intuito pedagogico don Bosco sapeva che la gioventù ama le cose semplici e limpide; né vuole moltiplicare le pratiche di pietà: perciò preferiva unificare quasi interamente nella devozione a Gesù Sacramentato“.

Don Egidio ViganòDon Egidio Viganò, settimo successore di don Bosco, (morto il 23 giugno 1995, festa del Sacro Cuore) ha presentato magistralmente la devozione Eucaristica di don Bosco, una devozione per lui inseparabile da quella del Sacro Cuore. Egli stesso aveva affermato che «la devozione al Sacro Cuore di Gesù tutte le racchiude» e che la sorgente di tale devozione si trova appunto nel SS. Sacramento. Le Costituzioni ci assicurano che «Don Bosco ha vissuto e ci ha trasmesso, sotto l’ispirazione di Dio, uno stile originale di vita e di azione: lo spirito salesiano». Questo spirito «trova il suo modello e la sua sorgente nel Cuore stesso di Cristo, apostolo del Padre». Ebbene, noi possiamo aggiungere che per Don Bosco questa realtà di vita e di partecipazione alle ansie redentrici del Cuore di Gesù si concentra concretamente, con intensità interiore, nel grande e ineffabile mistero dell’Eucaristia». (L’Eucaristia nello spirito apostolico di don Bosco – 1987)

Don Pascual ChavezDon Pascual Chavez, nono successore di don Bosco, ha scritto: «La devozione al Sacro Cuore di Gesù forse dovrà trasformarsi, purificarsi da ogni espressione sentimentale, arricchirsi biblicamente e teologicamente, ma deve essere conservata e diffusa come manifestazione suprema dell’amore sensibile e umano di Gesù che si è donato al Padre e a noi. Potrebbe diventare una devozione giovanile, capace di attirare i giovani, così attenti all’amore e al simbolo del cuore, e portarli ad “attingere con gioia alle sorgenti della salvezza”, che si trova soltanto nell’amore vero, quello che si fa oblazione di sé e non possesso degli altri. Per noi salesiani questa devozione è stata così familiare da essere assimilata all’icona del Buon Pastore, “che conquista con la mitezza e il dono di sé” (Costituzioni 11), e alla carità pastorale (Costituzioni 14). La riflessione sulla vita di Don Bosco ci permette di verificare fino a che punto il nostro caro Padre e Fondatore si è ispirato in modo cosciente alla carità del Cristo. Sembra opportuno qui richiamarci allo stemma della Congregazione, che reca l’immagine di San Francesco di Sales e quella di un cuore da cui escono fiamme, e all’art. 4 delle Costituzioni che ricorda appunto lo ‘zelo’ di San Francesco di Sales. La carità apostolica, che è al centro del nostro spirito, corrisponde esattamente a ciò che il nostro Patrono chiamava, secondo il linguaggio del tempo, ‘devozione’. È valido dire perciò che la devozione al Sacro Cuore è molto salesiana; segno di questo non sono soltanto la dedizione di Don Bosco per portare a termine la costruzione della Basilica del Sacro Cuore a Roma, e il cuore che appare nello stemma, ma anche l’intitolazione al Sacro Cuore di tutte le case di formazione della Congregazione, appunto perchè al centro del nostro spirito si trova la carità pastorale, che “trova il suo modello e la sua sorgente nel cuore stesso di Cristo” e che è “uno slancio apostolico che ci fa cercare le anime e servire Dio solo” (Costituzioni 10)» (Omelia nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù 2012)

L’articolo 11 delle Costituzioni salesiane dice: “Lo spirito salesiano trova il suo modello e la sua sorgente nel cuore stesso di Cristo, apostolo del Padre. Nella lettura del Vangelo siamo più sensibili a certi lineamenti della figura del Signore: la gratitudine al Padre per il dono della vocazione divina a tutti gli uomini; la predilezione per i piccoli e i poveri; la sollecitudine nel predicare, guarire, salvare sotto l’urgenza del Regno che viene; l’atteggiamento del Buon Pastore che conquista con la mitezza e il dono di sé; il desiderio di radunare i discepoli nell’unità della comunione fraterna”.

Il Cuore di Gesù non è semplicemente un esempio morale da emulare, ma grazie all’incontro vivo con lui, è dono per cercare di rendere il nostro cuore conforme al suo.

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