IN FAMIGLIA
«Beati i miti perché “erediteranno” la terra»
Missili, droni e bombe. Palazzi sventrati, profughi disperati e tante tante bare. Uno spettacolo quotidiano ormai, che ci carica di angoscia. Chi schiaccia il bottone della insensata mattanza che dall’Asia, all’Africa, all’Europa Orientale non sembra aver fine vuole conquistare più spazio, più “terra”. Non gli importa nulla che sia solo un immenso cimitero.
Un po’ da lontano, noi guardiamo inorriditi, brontolando: «Che follia!». «Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita» ci dice la Bibbia (Deuteronomio 30,19). Scegliere la vita implica la lotta a tutto ciò che la contrasta, che la distrugge, che ne prosciuga la gioia, a tutto ciò che è meschino, oppressivo, che della vita è negazione.
BEATI I MITI
Gesù, come sempre, capovolge il modo di pensare degli esseri umani, e lo dice chiaramente nel suo manifesto della vita cristiana che è il Discorso della Montagna nel Vangelo di Matteo: non sono coloro che possiedono missili, droni e bombe che possederanno la terra, ma i miti. È una sorpresa sbalorditiva: forse per questo non ci crede nessuno.
Il cardinale Carlo Maria Martini, scrive: «La parola “miti”, indica forse una condizione sociale sfavorita (i poveri, gli sfortunati, gli oppressi), oppure un atteggiamento del cuore (gli umili, coloro che non usano violenza, che non sono prepotenti, che usano con moderazione dell’eventuale potere, che non prevaricano)? Mitezza è la capacità di cogliere che nelle relazioni personali – che costituiscono il livello propriamente umano dell’esistenza – non ha luogo la costrizione o la prepotenza ma è più efficace la passione persuasiva, il calore dell’amore».
E continua: «L’uomo mite secondo le beatitudini è colui che, malgrado l’ardore dei suoi sentimenti, rimane duttile e sciolto, non possessivo, interiormente libero, sempre sommamente rispettoso del mistero della libertà, imitatore, in questo, di Dio. La mitezza si oppone così a ogni forma di prepotenza materiale e morale; è vittoria della pace sulla guerra, del dialogo sulla sopraffazione».
Il cardinale dilata la comprensione della mitezza nella sua dimensione evangelica, e in quella sua umana: «Comprendiamo allora perché Gesù promette ai miti il possesso della terra. La rinuncia alla vendetta, infatti, la rinuncia alla sopraffazione, alla prepotenza, fa trovare al cristiano, in ogni occasione, la via per aprire spazi alla misericordia della verità, alla costruzione di un nuovo volto della società». Una citazione ancora: «Naturalmente, la mentalità evangelica della mitezza matura soltanto lentamente nel singolo cristiano e ancora più lentamente nell’esperienza dei popoli. Bisogna essere passati per molte prove, delusioni, amarezze, sconfitte, per capire che la violenza di ogni tipo, compresa quella morale e ideologica, è alla fine perdente».
La mitezza è, insomma, una esperienza umana e cristiana, una esperienza interiore, che non dovremmo mai lasciare inaridire in noi, e che dovrebbe indurci a seguire con il cuore le persone fragili e deboli, sole e malate, emarginate e anziane, che hanno bisogno di molte cose, di umana vicinanza, di solidarietà e di attenzione, che si associano alla mitezza. In realtà nessuno di noi è innocente.
INTOLLERANZA DIFFUSA
Una mamma racconta di un viaggio tranquillo in treno con due bambini quieti e silenziosi. Alla stazione, scendendo il più piccolo, sei anni, accidentalmente sfiora con il piede la gamba del quarto passeggero del tavolino, seduto con le gambe accavallate di fronte a lui, il quale manifesta un irrequieto disappunto per essere stato sfiorato. La mamma chiede immediatamente scusa per il disturbo e fa scusare anche il figlio, il quale, obbediente e prontamente, si scusa. Ma quell’uomo prorompe in un esasperato sfogo, sostenendo di aver sopportato per tre ore l’insopportabile, e che la colpa non era dei bambini ma dei genitori (non li sanno più gestire), e che meno male che state per scendere dal treno. «Non voglio farla troppo lunga» conclude la madre «Se anche i bambini (come non è stato nel mio caso) fossero stati agitati o nervosi o in lacrime per i più vari motivi, si tratterebbe pur sempre di bambini che viaggiano.
La conclusione che voglio trarre? Se la soglia di tolleranza per la presenza e gli inconvenienti di due o più bambini è davvero così bassa, allora forse ci meritiamo davvero l’estinzione, per lasciare spazio finalmente alla quiete e al silenzio (eterno)».
LA FORZA DELLA NON-VIOLENZA
È una conclusione eccessiva, ma ogni volta che pronunciamo parole di disprezzo diventiamo complici delle forze delle tenebre. Disfiamo il mondo creato dal Verbo della vita. Una volta, il vescovo nero Desmond Tutu camminava sullo stretto marciapiedi di una città sudafricana e si trovò davanti un omone bianco che procedeva nella direzione opposta. Questi gli fece: «Io non cedo il passo ai gorilla». Tutu si spostò di lato, fece un profondo inchino e disse: «Ah, certo… Ma io sì».
L’unica via da seguire è «la spinta della vita», come l’ha chiamata Martin Luther King. Nel 2015, jihadisti di al-Shabaab salirono su un autobus in Kenya e pretesero che i cristiani si separassero dai musulmani. Questo è solitamente il primo passo di una strage di cristiani. I passeggeri, però, principalmente le donne musulmane, si rifiutarono di obbedire. Misero il velo alle cristiane e dissero che, se dovevano essere fucilate, o tutte o nessuna. I terroristi se ne andarono e nessuno morì. La nonviolenza funziona.
GESÙ E PILATO
Il confronto tra Gesù e i soldati venuti ad arrestarlo mostra che il potere fondato sulla forza è in definitiva posticcio. Chiede ai soldati nell’orto degli ulivi chi stiano cercando. Quando al suo «chi cercate?» rispondono «Gesù il Nazareno» e lui conferma «sono io», essi «indietreggiarono e caddero a terra». Lo conducono da Ponzio Pilato. Un momento sbalorditivo della storia: sono di fronte il rappresentante dello smisurato potere imperiale di Roma ed una persona disarmata, dotata solo di infinita bontà e della sua mitezza.
È un potere di un genere totalmente diverso da quello dei Romani, che frustano e crocifiggono i nemici. «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Il cardinale Radcliffe scrive: «La resistenza nonviolenta non è solo una tattica efficace nella lotta contro il male. Il suo potere deriva dalla profonda pace interiore dei coraggiosi che osano rifiutare la violenza e immaginare un mondo diverso. Gesù «insegnò che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive»». Il maestoso potere di Gesù davanti al seggio del giudizio di Ponzio Pilato nasceva dalla comunione con il Padre suo, «l’assoluta, invulnerabile, serenità della sua eternità».
LA MITEZZA
La mitezza è l’unica arma che abbiamo per rendere vivibile questo mondo. La mitezza è fonte di saggezza: ci fa uscire dal deserto dell’individualismo e dell’egoismo: è immersione nell’ interiorità, e ascolto della voce del silenzio, della nostalgia, della coscienza dei nostri limiti, e apertura a un destino comune.
Si intrecciano le une alle altre la mitezza e la saggezza, la gentilezza e la tenerezza, la comprensione e la delicatezza, che sono le dimensioni degli orizzonti sconfinati della vita. Il cammino verso la saggezza è un cammino che ha, come premessa, tante cose: conoscersi, conoscere le emozioni che sono in noi, sapere ascoltare, essere fedeli agli ideali di carità e di accoglienza, di solidarietà e di giustizia. Essere cristiani finalmente.
Don Bruno Ferrero, Direttore del Bollettino Salesiano
Immagine di copertina: foto di Hermes Rivera su Unsplash


