Una vita donata: la Serva di Dio Vera Grita

ROMA, MODICA, SAVONA

Vera Grita nasce a Roma il 28 gennaio 1923, secondogenita di Amleto, fotografo di professione da generazioni, e di Maria Anna Zacco della Pirrera, di nobili origini. La famiglia, molto unita e affiatata, era composta anche dalla sorella maggiore Giuseppa (detta Pina) e dalle minori Liliana e Santa Rosa (detta Rosa). Il 14 dicembre dello stesso anno Vera ricevette il Battesimo nella parrocchia di San Gioacchino in Prati, sempre a Roma.

Vera manifesta fin da bambina un carattere buono e mite che non verrà scalfito dagli eventi negativi che si abbattono su di lei: undicenne deve lasciare la famiglia e distaccarsi dagli affetti più cari insieme alla sorella minore Liliana, per raggiungere a Modica, in Sicilia, le zie paterne che si sono rese disponibili ad aiutare i genitori di Vera colpiti da dissesto finanziario per la crisi economica del 1929-1930. In questo periodo Vera manifesta la sua tenerezza verso la sorella più piccola standole vicino quando la sera quest’ultima piange per la nostalgia della mamma.

Vera è attratta da un grande quadro del Sacro Cuore di Gesù, appeso nella sala dove con le zie ogni giorno recita le preghiere del mattino e il Rosario. Rimane spesso in silenzio davanti a quel dipinto e ripete di frequente che da grande vuole diventare suora.

Il giorno della sua Prima Comunione (24 maggio 1934) non vuole togliersi l’abito bianco perché teme di non dimostrare abbastanza a Gesù la gioia di averlo nel cuore. A scuola ottiene buoni risultati ed è socievole con le compagne di classe.

A diciassette anni, nel 1940, rientra in famiglia. La famiglia si è trasferita a Savona e Vera, l’anno successivo, ottiene il diploma presso l’Istituto Magistrale. Vera ha vent’anni quando deve affrontare un nuovo e doloroso distacco per la morte prematura del padre Amleto (1943) e rinuncia a proseguire gli studi universitari cui aspirava, per aiutare economicamente la famiglia.

IL DRAMMA DELLA GUERRA

Ma è la Seconda guerra mondiale con il bombardamento su Savona del 1944 che arrecherà a Vera un danno irreparabile: esso determinerà il corso successivo della sua vita. Vera viene travolta e calpestata dalla folla che, in fuga, cerca riparo in una galleria-rifugio.

La medicina chiama sindrome da schiacciamento le conseguenze fisiche che si verificano in seguito a bombardamenti, terremoti, crolli strutturali, a causa dei quali un arto o tutto il corpo sono schiacciati. Quello cui si assiste poi è un danno a livello muscolare che si ripercuote su tutto l’organismo, compromettendo soprattutto i reni. Per lo schiacciamento, Vera riporterà lesioni lombari e dorsali che creeranno danni irreparabili alla sua salute con febbri, mal di testa, pleuriti.

Inizia con questo avvenimento drammatico la “Via Crucis” di Vera che durerà 25 anni, durante i quali alternerà al lavoro lunghi ricoveri ospedalieri. A 32 anni le viene diagnosticato il morbo di Addison che la consumerà debilitando il suo organismo: Vera arriverà a pesare soli 40 chili.

A 36 anni Vera subisce un intervento di isterectomia totale (1959) che le causerà una menopausa precoce con conseguente acuirsi della astenia di cui già soffriva a causa del morbo di Addison. Nonostante le sue precarie condizioni fisiche, Vera sostiene e vince un concorso come insegnante nelle scuole elementari. Si dedicherà all’insegnamento durante gli ultimi dieci anni della sua vita terrena prestando servizio in sedi scolastiche dell’entroterra ligure difficili da raggiungere (Rialto, Erli, Alpicella, Deserto di Varazze), destando stima e affetto tra le colleghe, nei genitori e negli scolari.

SALESIANA COOPERATRICE

A Savona, nella parrocchia salesiana di Maria Ausiliatrice, partecipa alla Messa ed è assidua al sacramento della Penitenza. Dal 1963 è suo confessore il salesiano don Giovanni Bocchi. Salesiana Cooperatrice dal 1967, realizza la sua chiamata nel dono totale di sé al Signore, che in modo straordinario si dona a lei, nell’intimo del suo cuore, con la “Voce”, con la “Parola”, per comunicarle l’Opera dei Tabernacoli Viventi.

Sottopone tutti gli scritti al direttore spirituale, il salesiano don Gabriello Zucconi, e custodisce nel silenzio del proprio cuore il segreto di quella chiamata, guidata dal divino Maestro e dalla Vergine Maria che l’accompagneranno lungo la via della vita nascosta, della spoliazione e dell’annientamento di sé.

Sotto l’impulso della grazia divina e accogliendo la mediazione delle guide spirituali, Vera Grita risponde al dono di Dio testimoniando nella sua vita, segnata dalla fatica della malattia, l’incontro con il Risorto e dedicandosi con eroica generosità all’insegnamento e all’educazione degli allievi, sovvenendo alle necessità della famiglia e testimoniando una vita di evangelica povertà.

Centrata e salda nel Dio che ama e sostiene, con grande fermezza interiore è resa capace di sopportare le prove e le sofferenze della vita. Sulla base di tale solidità interiore dà testimonianza di un’esistenza cristiana fatta di pazienza e costanza nel bene.
Muore il 22 dicembre 1969 a Pietra Ligure all’ospedale di Santa Corona in una cameretta dove aveva trascorso gli ultimi sei mesi di vita in un crescendo di sofferenze accettate e vissute in unione a Gesù Crocifisso. “L’anima di Vera – scriverà don Giuseppe Borra, Salesiano, suo primo biografo – con i messaggi e le lettere entra nella schiera di quelle anime carismatiche chiamate ad arricchire la Chiesa con fiamme di amore a Dio e a Gesù Eucaristico per la dilatazione del Regno”. È uno di quei chicchi di grano che il Cielo ha lasciato cadere sulla Terra per portare frutto, a suo tempo, nel silenzio e nel nascondimento.

VERA DI GESÙ

La vita di Vera Grita si è svolta nel breve arco di tempo di 46 anni segnati da eventi storici drammatici quali la grande crisi economica del 1929-1930 e la Seconda guerra mondiale e si conclude poi alle soglie di un altro evento storico significativo: la contestazione del 1968, che avrà ripercussioni profonde a livello culturale, sociale, politico, religioso ed ecclesiale.

La vita di Vera inizia, si sviluppa e si conclude in mezzo a questi eventi storici dei quali ella subisce le conseguenze drammatiche sul piano familiare, affettivo e fisico. Al tempo stesso, la sua storia evidenzia come ella abbia attraversato questi eventi affrontandoli con la forza della fede in Gesù Cristo, testimoniando così una fedeltà eroica all’Amore crocifisso e risorto. Fedeltà che, al termine della sua vita terrena, il Signore ripagherà donandole il nome nuovo: Vera di Gesù. “Ti ho donato il mio Nome santo, e d’ora in poi ti chiamerai e sarai `Vera di Gesù'” (Messaggio del 3 dicembre 1968).

Provata dalle diverse malattie che, nel tempo, delineano una situazione di generalizzata e irrecuperabile usura fisica, Vera vive nel mondo senza essere del mondo, mantenendo stabilità ed equilibrio interiori dovuti alla sua unione con Gesù Eucaristia ricevuto quotidianamente, e alla consapevolezza della sua Permanenza eucaristica nella propria anima. È pertanto la Santa Messa il centro della vita quotidiana e spirituale di Vera, dove, come piccola “goccia d’acqua”, ella si unisce al vino per essere inseparabilmente unita all’Amore infinito che continuamente si dona, salva e sostiene il mondo.

Pochi mesi prima di morire Vera scrive al padre spirituale, don Gabriello Zucconi: “Le malattie che mi porto dentro da più di venti anni sono degenerate, divorata dalla febbre e dai dolori in tutte le ossa, io sono viva nella Santa Messa”. Ancora: “Rimane la fiamma della Santa Messa, la scintilla divina che mi anima, mi dà vita, poi il lavoro, i ragazzi, la famiglia, l’impossibilità di trovare in essa un posticino tranquillo ove isolarmi per pregare, ovvero la stanchezza fisica dopo la scuola”.

L’OPERA DEI TABERNACOLI VIVENTI

Nei lunghi anni di sofferenza, consapevole della sua fragilità e limitatezza umana, Vera impara ad affidarsi a Dio e ad abbandonarsi totalmente alla sua volontà. Mantiene tale docilità anche quando il Signore le comunica l’Opera dei Tabernacoli Viventi, negli ultimi 2 anni e 4 mesi di vita terrena (dal 19 settembre 1967 al 9 novembre 1969).

Nel messaggio programmatico dell’11 giugno 1968 Gesù le dice:
“La Chiesa custodisce nel santo Tabernacolo le mie Specie Eucaristiche. Io abito in essa, abito nell’anima con la mia Grazia. Io dai Tabernacoli effondo il mio Spirito di Amore. Ora ho scelto nuove chiese, nuovi Tabernacoli che mi custodiscano; Tabernacoli Viventi che mi portino per le vie del mondo, che mi conducano fra quella gente che non pensa a Me, che non mi cerca, che non mi ama”.

L’amore per la volontà di Dio conduce Vera al dono totale di sé stessa: dapprima con i voti privati e il voto di “piccola vittima” per i sacerdoti (2 febbraio 1965). Successivamente con l’offerta della vita (5 novembre 1968) per la nascita e lo sviluppo dell’Opera dei Tabernacoli Viventi, sempre in piena obbedienza a chi la dirige spiritualmente. Il 19 settembre 1967 iniziò l’esperienza mistica che la invitava a vivere a fondo la gioia e la dignità di figlia di Dio, nella comunione con la Trinità e nell’intimità eucaristica con Gesù ricevuto nella S. Comunione e presente nel Tabernacolo:
“Il vino e l’acqua siamo noi: Io e te, tu e Io. Siamo una cosa sola: Io scavo in te, scavo, scavo per costruirmi un tempio: lasciami lavorare, non pormi ostacoli […] la volontà del Padre mio è questa: che Io rimanga in te, e tu in Me. Insieme porteremo gran frutto”.

Sono 186 i messaggi che costituiscono l’Opera dei Tabernacoli Viventi che Vera, lottando con il timore di essere vittima di un inganno, scrisse in obbedienza al suo direttore spirituale, don Zucconi.

“Portami con te: – le dice Gesù – è la mia Voce d’Amore. Voglio rimanere con te: è il mio Cuore che te lo chiede. Io in te e su te, perché tu in Me, possa portare sempre grandi frutti”.

Il “Portami con te” esprime in modo semplice l’invito di Gesù fatto a Vera. Portami con te! Ma dove? Dove vivi! Vera viene educata e preparata da Gesù a vivere in unione con Lui. Gesù vuole entrare nella vita di Vera, nella sua famiglia, nella scuola dove insegna. Un invito rivolto a tutti i cristiani. Gesù vuole uscire dalle chiese di pietra e vuole vivere nel nostro cuore con l’Eucaristia, con la grazia della permanenza eucaristica nell’anima. Vuole venire con noi dove andiamo, per vivere la nostra vita familiare, e vuole raggiungere, vivendo in noi, le persone che vivono lontane da lui.

NELLA SCIA DEL CARISMA SALESIANO

Nell’Opera dei Tabernacoli Viventi sono espliciti i riferimenti a Don Bosco e al suo programma spirituale: “da mihi animas coetera tolle – dammi il cuore delle persone e tieniti tutto il resto”.

Le propone la semplice spiritualità salesiana: vivere l’unione con Dio e con fiducia in Maria Ausiliatrice, per donare Dio ai giovani e a tutte le persone, attraverso un apostolato instancabile che cooperi alla salvezza dell’umanità. L’Opera, per volontà del Signore, viene affidata in prima istanza ai figli di Don Bosco per la sua realizzazione e diffusione nelle parrocchie, negli istituti religiosi e nella Chiesa: “Ho scelto i Salesiani poiché essi vivono con i giovani, ma la loro vita di apostolato dovrà essere più intensa, più attiva, più sentita”.

Come ha scritto il Rettor Maggiore nella Strenna del 2023: “Vera Grita attesta anzitutto un orientamento eucaristico totalizzante, che si fa esplicito soprattutto negli ultimi anni della sua esistenza. Non ha pensato in termini di programmi, di iniziative apostoliche, di progetti: ha accolto il “progetto” fondamentale che è Gesù stesso, fino a farne vita della propria vita. Il mondo odierno attesta un grande bisogno di Eucaristia. Il suo cammino nella faticosa operosità dei giorni offre anche una nuova prospettiva laica alla santità, divenendo esempio di conversione, accettazione e santificazione per i “poveri”, i “fragili”, i “malati” che in lei possono riconoscersi e ritrovare speranza.

Come Salesiana Cooperatrice, Vera Grita vive e lavora, insegna e incontra la gente con una spiccata sensibilità salesiana: dall’amorevolezza della sua presenza discreta ma efficace alla sua capacità di farsi amare da bambini e famiglie; dalla pedagogia della bontà che attua con il suo costante sorriso alla generosa prontezza con cui, incurante dei disagi, si volge di preferenza agli ultimi, ai piccoli, ai lontani, ai dimenticati; dalla generosa passione per Dio e la Sua Gloria alla via della croce, lasciandosi togliere tutto nella sua condizione di malata”.

Don Pierluigi Cameroni, salesiano postulatore generale

Gesù suggerisce questa preghiera con cui Vera suggella il suo percorso di anima vittima e “sposa di sangue” di Gesù (5 novembre 1968)

“O Padre nostro clementissimo, sono una povera cosa senza di Te, sono tutto nel tuo Gesù.
Sono una creatura tua e appartengo a Te, sono solo per darti onore e gloria. O Padre nostro, per le mani di Gesù, tuo unico Figlio e nostro Signore, io, davanti alla Madre mia dolcissima, Maria Ausiliatrice, ai nove Cori degli Angeli, a San Giuseppe, sposo di Maria sempre Vergine, a tutti i Martiri cristiani, a tutti i Santi, e in special modo ai miei Santi protettori, mi offro umilmente a te, Dio Onnipotente, nel tuo unico Figlio Gesù, nell’unica Vittima degna di Te, nell’unica Offerta a Te gradita: ancora umilmente mi offro a Te per la tua maggior gloria, per il trionfo dell’amore di Gesù Eucaristia, per i Tabernacoli Viventi, per la diffusione dell’Opera d’Amore di Gesù in tutto il mondo.
Quando tu, Padre buono e clemente, mi chiamerai a Te ricordati che nel Nome di Gesù a Te, Dio mio mi sono donata.
Accoglimi, o Padre, all’ombra delle tue ali affinché anche la morte della più povera e indegna e miserabile delle tue creature, possa nel Nome santo di Gesù, rendere a Te, Dio mio, Uno e Trino, tutto l’onore e la gloria, e agli uomini di buona volontà testimoniare la verità della tua parola.
L’ultima delle tue creature, a Te, Dio mio, nostro Creatore e Signore, per le Sante Piaghe di Gesù nelle quali spero, per tua bontà paterna, di vedermi e di leggermi, così come tu lasci al tuo diletto Gesù di disporre per la gloria tua e la salvezza delle anime.
O Padre nostro, in Gesù ti prego, in Gesù ascoltami, in Gesù perdona le mie colpe; in Gesù benedici questo poverissimo strumento che offre a te la vita nella Vita, perché Gesù questa dona a tutte le anime, perché Egli l’ha donata a me, ed io offro a Te la vita terrena nella Vita di Gesù”
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