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Pace non è solo assenza di conflitto, cessazione delle ostilità, armistizio.

di Cardinale Martini

"Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che metteranno mano alla spada periranno di spada" (Mt 26,52). Gesù sa che ciascuno deve prendere le sue decisioni morali di fronte alle singole situazioni. Ma gli importa molto di più segnalare che tutti gli sforzi umani di distruggere il male con la forza delle armi non avranno mai un effetto duraturo se non si prenderà seriamente coscienza di come le cause profonde del male stanno dentro, nel cuore e nella vita di ogni persona, etnia, gruppo, nazione, istituzione che è connivente con l'ingiustizia. Se non si mette mano a questi ambiti più profondi mutando la nostra scala di valori, tra breve ci ritroveremo di fronte a quei mali che abbiamo cercato con ogni sforzo esteriore di eliminare.

  "Apocalisse", nel senso etimologico di un "alzare il velo" di "una rivelazione" (Enzo Bianchi, Le apocalissi dell'11 settembre, La Repubblica 27.10.01). In questo contesto si tratta di una rivelazione del male in cui siamo immersi, dell'assurdità di una società il cui dio è il denaro, la cui legge è il successo e il cui tempo è scandito dagli orari di apertura delle borse mondiali.

Una società che giunge quasi al ridicolo nella sua ricerca affannosa di investimenti virtuali, di transazioni puramente mediatiche e che pretende di esportare messianicamente questo modo di vedere in tutto il mondo.

E' questa la globalizzazione che è giusto rifiutare. Come ha scritto recentemente Tommaso Padoa Schioppa "la strada che porta alla sicurezza è assai più lunga di quella che ha portato a Kabul. La strada è anche assai più faticosa, perché su di essa siamo noi a dover camminare, non militari o Paesi lontani. E camminare vuol dire modificare nostri modi di vivere, nostri pensieri, nostri  sistemi politici. Possiamo chiederci: abbiamo incominciato?" (Corriere della Sera, 18.11.01).
Ma non è così importante sapere se ciò si avvererà presto. In fondo, come diceva Bonhoeffer "per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in questo affare, ma: quale potrà essere la vita per la generazione che viene? Solo da questa domanda storicamente responsabile possono nascere soluzioni feconde" (Resistenza e Resa, p. 64).
Ciò che dunque urge è dirci che se non avviene un cambio radicale nella scala dei valori, se non vengono messi al primo posto la pace, la solidarietà, la mutua convivenza, l'accoglienza reciproca, l'ascolto e la stima dell'altro, l'accettazione, il perdono, la riconciliazione delle differenze, il dialogo fraterno e quello politico e diplomatico, mentre vengono contemporaneamente messe al bando le rappresaglie della guerra, se non vengono disarmante non solo le mani ma anche le coscienze e i cuori, noi avremo sempre a che fare con nuove forme di violenza e anche di terrorismo. Riusciremo magari a spegnerle per un momento ma per vederle poi risorgere impietosamente altrove.
Il momento drammatico che stiamo vivendo è  un forte richiamo alla conversione e al riconoscimento della nostra connivenza con i mali del mondo. Sottolineo: con i mali di tutti, sotto ogni latitudine e non del solo mondo occidentale.
Certamente esso ha i suoi gravissimi torti, le sue cecità, i suoi idoli, i suoi deliri di onnipotenza. Per questo la Chiesa, neppure quella Occidentale, che cioè ha vissuto storicamente e tuttora vive in questo ambito e si è sempre sforzata di dargli un'anima, non si è mai riconosciuta né identificata del tutto con esso né tanto meno si identifica ora in un ambito nel quale gloriose tradizioni di  libertà e dignità umana convivono (in un clima crescente di compromissione) con un individualismo senza regole, con il culto del denaro, del successo, dell'immagine e della potenza.
Ma pur con tutto ciò non dobbiamo ritenere che sia solo il nostro mondo occidentale quello chiamato da Gesù a cambiar vita. Il Signore afferma due volte, nel testo di Luca da cui siamo partiti (13,3.5): "se non cambierete vita, perirete tutti!".
La follia dell'autodistruzione
, che assume nelle odierne culture innumerevoli forme, minaccia tutti quanti. Gli spettri della corruzione, del malgoverno, del prevalere dell'interesse privato e tribale su quello pubblico, della dittatura e del primato della forza e delle armi,  stanno succhiando il sangue di innumerevoli poveri della terra. Sarebbe troppo facile trovare un solo capro espiatorio e una sola vittima. Zizzania e buon grano sono intrecciati profondamente in ogni angolo del pianeta. Gesù sa che il male è nascosto nel cuore di ogni uomo e di ogni cultura, sa che siamo "generazione incredula e perversa" (Mt 17,17).
Dobbiamo in altre parole renderci conto che di certe pesti che ammorbano il mondo (e di cui i conflitti bellici e gli attentati sono una delle manifestazioni) non è soltanto colpevole l'uno o l'altro individuo o popolo lontano da noi o vicino a noi, ma ne siamo tutti in qualche modo, ciascuno per la sua parte, conniventi e corresponsabili.
Se, spinti da eventi tragici che mai avremmo voluto neppure immaginare, l'invito di Gesù a cambiare scala di valori e criteri di giudizio cominciasse a venire accolto, ne emergerebbe una società più pensosa, una gioventù meno dissipata e meno avida di divertimenti, conscia delle proprie responsabilità per il futuro del pianeta; pronta anche ad ascoltare il richiamo per aprirsi a esistenze consacrate al servizio totale di Dio e del prossimo. E di tutto questo inizio di cammino positivo noi, grazie a Dio, siamo anche i gioiosi testimoni, per poco che sappiamo guardarci intorno con gli occhi della speranza.
Infatti la pace  è il più grande bene umano, perché è la somma di tutti i beni messianici. Come la pace è sintesi e simbolo di tutti i beni, così la guerra è sintesi e simbolo di tutti i mali.
Pace non è solo assenza di conflitto, cessazione delle ostilità, armistizio. Non è neppure soltanto la rimozione di parole e gesti offensivi (Mt 5,21-24), neppure solo perdono e rinuncia alla vendetta, o saper cedere pur di non entrare in lite (cfr. Mt 5,38-47).
Pace è frutto di alleanze durature e sincere, (enduring covenants e non solo enduring freedom), a partire dall'Alleanza che Dio fa in Cristo perdonando l'uomo, riabilitandolo e dandogli se stesso come partner di amicizia e di dialogo, in vista dell'unità di tutti coloro che Egli ama. In virtù di questa unità e di questa alleanza ciascuno vede nell'altro anzitutto uno simile a sé, come lui amato e perdonato, e se è cristiano legge nel suo volto il riflesso della gloria di Cristo e lo splendore della Trinità. Può dire al fratello: tu sei sommamente importante per me, ciò che è mio è tuo. Ti amo più di me stesso, le tue cose mi importano più delle mie.  E poiché mi importa sommamente il bene tuo, mi importa il bene di tutti, il bene dell'umanità nuova: non più solo il bene della famiglia, del clan, della tribù, della razza, dell'etnia, del movimento, del partito, della nazione, ma il bene dell'umanità intera: questa è la pace.
Ogni azione contro questo  "bene comune", questo "interesse generale" affonda le radici nella paura, nell'invidia e nella diffidenza. Genera i conflitti e nutre gli odi che causano le guerre. Ci vorrà una intera storia e superstoria di grazia per compiere questo cammino. Ma è questa la pace che è meta della vicenda umana.

 6. ALCUNI IMPERATIVI IMMEDIATI

 1.      Abbiamo anzitutto un grande bisogno di percepire dentro di noi una fontana  zampillante di pace che ci apre alla fiducia nella possibilità di passi concreti e semplici verso un cambiamento di stile di vita e di criteri di giudizio, unica via a un cammino serio di pace.

 2.      Per evitare di essere trascinati, anche non intenzionalmente, in uno scontro di civiltà, occorrerà esercitarsi nell'arte del dialogo, che parte da una chiara coscienza della propria identità e della ricchezza dei linguaggi con cui esprimerla e renderla accessibile smontando i pregiudizi, i cavilli e le false comprensioni.

 3.      Per questo sarà importante imparare a conoscere le altre religioni, in particolare  l'Ebraismo e l'Islam, scrutando di ciascuna la storia, la letteratura, le ricchezze spirituali, le profondità mistiche, il pluralismo espressivo, anche quello sociale e politico.

 4.      Ma soprattutto occorrerà educare a gesti, pensieri e parole di perdono, di comprensione e di pace, usando tolleranza zero per ogni azione che esprima sentimenti di xenofobia, di antisemitismo, di minor rispetto di qualunque sentimento e tradizione religiosa. Questo richiede che anche gli altri rispettino e apprezzino quei segni religiosi che sono stati e sono tuttora per noi la via e il simbolo che ci permette oggi di offrire a tutti ospitalità e pace.