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Ritiro il sacerdote l'uomo per gli altri

di don Ferdinando Colombo

Il sacerdote, l'uomo per gli altri

mercoledì 25 novembre 2009, anno sacerdotale

 1. Parola di Dio, Giovanni 17

6 Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. 7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.

9 Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. 10Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. 11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

12 Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura.

13Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

15Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

17 Consacrali nella verità. La tua parola è verità.

18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.

20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: 21perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

 

  • "Consacrali nella verità. La tua parola è verità".

Il Signore chiede la nostra santificazione, la nostra consacrazione nella verità.

  • "Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io ho mandato loro nel mondo;

per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" (17, 17ss).

E ci manda per continuare la sua stessa missione.

 

Consacrare qualcosa o qualcuno significa quindi

-                      dare la cosa o la persona in proprietà a Dio,

-                      toglierla dall'ambito di ciò che è nostro e immetterla nell'atmosfera sua, così che non appartenga più alle cose nostre, ma sia totalmente di Dio.

Consacrazione è dunque un togliere dal mondo e un consegnare al Dio vivente.

La cosa o la persona non appartiene più a noi,

e neppure più a se stessa,

ma viene immersa in Dio.

 Un tale privarsi di una cosa per consegnarla a Dio, lo chiamiamo poi anche sacrificio:  questo non sarà più proprietà mia, ma proprietà di Lui:

il sacerdozio:  è un passaggio di proprietà,

un essere tolto dal mondo e donato a Dio.

 

È un uscire dai contesti della vita del mondo - un "essere messi da parte" per Dio.

Ma proprio per questo non è una segregazione.

Essere consegnati a Dio significa piuttosto essere posti a rappresentare gli altri.

Il sacerdote viene sottratto alle connessioni del mondo e donato a Dio, e proprio così, a partire da Dio, deve essere disponibile per gli altri, per tutti.

 Riflettendo proprio sulla vicenda di Gesù questo è molto chiaro. Quando Gesù dice: "Io mi consacro", Egli si fa insieme sacerdote e vittima.  Equivale quindi a dire: "Io mi sacrifico".

Gesù dice:  "Io mi consacro per loro".  È questo l'atto sacerdotale in cui Gesù - l'Uomo Gesù, che è una cosa sola col Figlio di Dio - si consegna al Padre per noi.

È l'espressione del fatto che Egli è insieme sacerdote e vittima.

Mi consacro - mi sacrifico: questa parola abissale, che ci lascia gettare uno sguardo nell'intimo del cuore di Gesù Cristo, in essa è racchiuso tutto il mistero della nostra redenzione.

E vi è contenuta anche l'origine del sacerdozio della Chiesa, del nostro sacerdozio.

 "Consacrali nella verità": 

è questo l'inserimento degli apostoli nel sacerdozio di Gesù Cristo,

l'istituzione del suo sacerdozio nuovo per la comunità dei fedeli di tutti i tempi,

è questa la vera preghiera di consacrazione per gli apostoli.

Il Signore chiede che Dio stesso li attragga verso di sé, dentro la sua santità.

Chiede che Egli li sottragga a se stessi e li prenda come sua proprietà,

affinché, a partire da Lui, essi possano svolgere il servizio sacerdotale per il mondo.

 2. Marco 6

30 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: "Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'". Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. 35Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi; 36congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare". 37 Ma egli rispose loro: "Voi stessi date loro da mangiare".

 Il ministero ci identifica 

La ministerialità è quindi la caratteristica identificante del nostro essere preti: ministri di Cristo ministri della missione di Cristo e perciò stesso:

  • ministri dell'amore del Padre,
  • ministri della  redenzione del Figlio
  • ministri dell'inesauribile effusione dello  Spirito. 

 Il ministero ci definisce 

Siamo costituiti ministri da un avvenimento sacramentale, l'ordinazione, e l'essere costituiti ministri fonda una situazione di legittimità e di diritto.

Bisogna però che poi questa diventi incarnazione storica di fatto nella concretezza della vita di ciascuno  di noi, nella quale vita la ministerialità diventi la dimensione  totalizzante.

 Il ministero ci santifica

Il ministero è un dinamismo di identificazione personale, il  ministero è la vitalità del nostro essere preti. E il Concilio ce lo  ha detto in maniera esplicita: l'itinerario della santità del prete è  il suo ministero.

 Il ministero ci trasfigura 

Noi siamo chiamati ad essere servi, di modo che il diventare  ministri sia impegno progressivo, camminando nel quale si scoprono  sempre nuove frontiere di servizio, di dedizione, di disponibilità,  di dono di sé. Gesù Cristo è ministro così. «Non sono  venuto per essere servito, ma per servire». 

 Il ministero totalizza la nostra vita 

La ministerialità del prete è quindi proprio per sua natura non  relegabile alle cose esterne, ma attraverso di esse deve arrivare a mutare, a trasformare, a trasfigurare la vita del prete e quella del  popolo di Dio.

 3. Per gli altri

  • In astratto con esasperazioni ascetiche e introversioni

È bello pensare che i santi risolvono i problemi delle grandi  dottrine senza neanche sapere che esistono le grandi dottrine. È  la sapienza che nasce dalla santità e non quella che nasce dai libri, dai corsi, dalle speculazioni.

 

  • Nella vita di Santi:

Don Bosco: carcerati, ragazzi di strada, colerosi, missioni, ragazze

Curato d'Ars - monotematico all'esasperazione

Padre Pio, Don Benzi, Don Milani, ecc.

 

  • Congresso su Sistema Preventivo e Diritti Umani, dalle conclusioni del Rettor Maggiore.

Rinnovare la scelta di una educazione integrale, in cui educazione e evangelizzazione sono come le due facce di una stessa medaglia (Cfr. CG26, 29). Tale educazione integrale domanda di educare i giovani all'impegno sociale e politico secondo l'ispirazione della dottrina sociale della Chiesa (Cfr. CG26 43). Nel capitolo 25 di Matteo coloro che sono benedetti per aver dato da mangiare a chi aveva fame e da bere a chi aveva sete chiedono a Dio quando lo abbiano visto affamato e assetato; e lo chiedono perché pensano di aver fatto un'azione semplicemente umanizzante che non ha riferimento alla vita eterna. La parola del vangelo risponde identificando la presenza di Dio Salvatore nella persona degli ultimi.

Oserei dire che quando il salesiano spinto dall'amore di Dio si impegna nella promozione dei diritti umani sta celebrando la liturgia dei diritti umani perché la gloria di Dio è l'uomo vivente (Salmo 150); per questo oserei parlare di liturgia dei diritti umani.

Da discepoli di Gesù, alla luce della fede, possiamo valorizzare i diritti umani come storicizzazione del progetto di Dio, senza dimenticare che essi sono una risposta provvidenziale al grido di milioni di donne e uomini, anche non credenti, che invocano dignità quando essa è conculcata.

 

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